Phil Knight e Bill Bowerman, i due fondatori della Nike, hanno esercitato una forte influenza sul modello di produttore design-only, ovvero: l’azienda cessa di produrre beni nei propri stabilimenti e subappalta il lavoro a terzi, di solito in paesi a basso costo.
Knight, appassionato di podismo, si iscrisse alla University of Oregon di Portland dove conobbe Bowerman, allenatore di atletica. Phil Knight una volta laureato si iscrisse a un master e consegnò una tesi con il seguente titolo: Can japanese sport shoes do to german sport shoes what japanese cameras did to german cameras? Si domandava: è possibile produrre in Giappone (all’epoca lì il costo del lavoro era basso) scarpe disegnate negli Stati Uniti? Quando Phil Knight e Bill Bowerman fondarono la Nike (1964) i due presero sul serio la suddetta tesi. Bowerman disegnò il primo modello di scarpe (comode, resistente agli strappi e capaci di ridurre strappi muscolari). La produzione fu appaltata inizialmente alla azienda produttrice di scarpe sportive, la Onitsuka, poi gradualmente la produzione si estese in tutto il mondo. Nel 2010 la Nike contava 34 mila dipendenti, di cui solo 58 mila nella sede centrale di Porland. La Società produce pochissimo nei suoi stabilimenti, la gran parte della produzione è data in appalto a 700 fabbriche (localizzate in 33 paesi, quasi la metà in Cina, Tailandia, Vietnam, Indonesia e India danno lavoro a 800 mila addetti).
Daniel Corsten, professore alla IE Business School di Madrid, analizzando il ruolo di questo modello di sviluppo, tecnicamente, Factory-less, ha sostenuto che le interazioni tra le aziende in questo modello illustrano due punti chiavi sul modo in cui sono organizzate le catene del lavoro. In primo luogo è essenziale che aziende considerino le proprie reti di fornitori non solo un’opportunità per ridurre i costi ma anche un modo per introdurre nuove idee nella tecnologia di produzione: “le aziende che organizzano reti di fornitori dovrebbero considerare quest’ultimi non solo come fonti di riduzione del costo ma anche come fonti di innovazioni. In secondo luogo, nel tentativo di semplificare al massimo le catene di valore, la aziende non devono esitare a rendere complesse le proprie operazioni. Corsten si appella alla legge della complessità (elaborata da W.R. Ashby, psichiatra e studioso di cibernetica).
Secondo questa legge le tecnologie e i prodotti complessi hanno bisogno di sistemi di fornitura complessi per rivelarsi validi: non ha alcun senso, cioè, che le aziende tentino di escludere la complessità della progettazione se questo renderà i loro prodotti meno utili. Quello che devono fare è imparare a gestire i rapporti di fornitura complessi con abilità e competenza. Ovvero: anche una scarpa è un sistema complesso e ogni suo componente per essere utile deve essere innovativo, meglio condividere liberamente le idee con i vari fornitori, così che i benefici siano a loro volta condivisi e il sistema risulti nel complesso meno chiuso e asfittico.
Tratto da Fabbricare il futuro, la nuova rivoluzione industriale, Peter March, codice edizione