Digitando “Transizione Energetica” su Internet, si capisce – dai risultati di ricerca – che si tratta di roba “ecologista”. La definizione che ne dà Wikipedia chiarisce che si tratta del “passaggio dall’utilizzo di fonti energetiche non rinnovabili a fonti rinnovabili”.
Se vogliamo approfondire le componenti del processo di transizione energetica, scopriamo che ci sono ulteriori definizioni collegate: da decarbonizzazione a incremento dell’efficienza energetica e del contributo delle fonti energetiche rinnovabili; da evoluzione verso modelli di generazione distribuita a quelli di empowerment del consumatore finale. Così allora sembra già andare meglio. Più si entra nel merito, e più è chiaro che la transizione energetica non è proprio un sogno, ma nemmeno un paradiso a portata di mano. La ricerca online non serve a creare un senso comune sulla questione energetica, ed aiuta solo chi intende approfondirla. Ma allora chi è che forma il famoso senso comune sul racconto, chi definisce il frame dell’energia nell’epoca della “transizione”? Leader, influencer, bolle d’informazione (social e non), governi e le maggiori aziende energetiche: grosso modo, sono questi i testimonial della nuova narrazione energetica 2.0. E non è poi una cosa nuova. È già successo: da Chernobyl in poi, vediamo centrali energetiche (nucleari) cattive spuntare dalla piccola cittadina animata di Springfield e pale eoliche buonissime adagiate su distese verdi. Nel “frame” più recente ritroviamo – quasi esclusivamente – filoni narrativi su decarbonizzazione ed energie rinnovabili contro l’inquinamento. Il resto scompare. E, anzi, le rinnovabili e la grande fine delle fonti fossili sembra addirittura il vero business dei grandi, in quella che sembra una strategia integrata d’impegno sociale.
Ma è davvero così?
Tornando di nuovo alla nostra ricerca online su “transizione energetica”, non potremo non notare che l’algoritmo ci dà tra i risultati non solo siti di informazione che riportano o spiegano la transizione, ma anche le società energetiche (tra le fonti più rilevanti). A googlare, poi, “energia” troveremo produttori e distributori a promuovere offerte in perfetta e sana competizione e per ogni necessità, ed in maniera indipendente – com’è giusto che sia – dalla fonte. Nel frattempo, l’aggregatore di immagini ci darà quasi sempre contenuti in cui “vecchio e sporco mondo inquinato da combustibili fossili” fa a gara con “nuovo mondo ripulito”.
E a cercare la parola “petrolio”? Bisognerà scorrere quattro pagine di risultati di ricerca per riuscire a trovare qualche azienda che “parla di petrolio”. Come mai? Perché sia la cornice, astratta e poco conosciuta della “transizione”, sia il forte investimento nell’offerta di “energia”, hanno interesse a “non parlare” delle fonti “fossili” per non turbare la sensibilità ambientale, alimentando in questo modo in ciascuno la convinzione che sia necessaria (ed in corso) una fuga da un mondo che tutti dipingono brutto, sporco e inquinato. In parole povere: il dominio di una soggettività assoluta come spesso avviene nella logica onlife.
Ma, checché se ne dica, senza politiche di efficienza, senza gas, trasporto e trasformazione e senza un uso consapevole, efficiente e tecnologicamente avanzato – anche e soprattutto – delle fonti fossili, non ci sarà crescita, né spinta per la transizione. In breve, non ci sarà alcun miglioramento e alcun vantaggio verso un mondo più pulito. Non è una verità piacevole perché non è immediatamente pulita, pura e immacolata come tutte le persone vogliono essere e a cui vorrebbero credere. E chi dubita dell’immediata palingenesi di tutto, chi ne indica i passaggi, è, probabilmente, un “nemico” dell’ambiente e del popolo delle rinnovabili. Ed ecco, così, trovato un popolo ed un nemico del popolo.
La morale di tutto questo? La logica del populismo energetico non aiuta a crescere e nemmeno a passare dal peggio al meno peggio. Aiuta, semmai, a contrastare e a contrastarsi, oscurando lo sforzo ed il valore di politiche aziendali e istituzionali innovative e concrete.
sia la cornice, astratta e poco conosciuta della “transizione”, sia il forte investimento nell’offerta di “energia”, hanno interesse a “non parlare” delle fonti “fossili” per non turbare la sensibilità ambientale, alimentando in questo modo in ciascuno la convinzione che sia necessaria (ed in corso) una fuga da un mondo che tutti dipingono brutto, sporco e inquinato. In parole povere: il dominio di una soggettività assoluta come spesso avviene nella logica onlife.
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