Gli italiani tornano a vaccinare i loro figli, con una copertura tornata ai livelli precedenti al boom della propaganda No-Vax. I numeri, ripresi ieri dai maggiori quotidiani italiani, sono freschi e provengono direttamente dalle Regioni che, entro il 15 febbraio, dovevano fornire tutti i dati ad un anno dall’introduzione dell’obbligo (luglio 2017). I risultati? Più che positivi. A essere valutate sono state le coperture del 2018 a 24 mesi, dunque i vaccini esavalenti e quelli quadrivalenti – che coprono difterite, tetano, pertosse acellulare, Polio, Hib, Epatite B, morbillo, parotite e rosolia e varicella. Esempi particolarmente virtuosi: la Toscana, dove la copertura dell’esavalente è passata in 12 mesi dal 95,7 al 96,8% e quella del quadrivalente dal 93,5 al 95,3%; la Lombardia, che va dal 94,5 al 95,3% per il primo vaccino, dal 93,9 al 94,7% per il secondo; l’Emilia-Romagna, dove nel 2017 la copertura per la quadrivalente era solo al 91,1% ed è passata in un anno al 95,3%.
Sono casuali questi dati? E’ da escludere. Il dibattito pubblico sull’obbligo vaccinale introdotto dal governo Gentiloni è stato forte negli ultimi anni, anche duro per certi aspetti. Con fazioni contrapposte, reciproci pregiudizi, schieramenti ideologici. Alla fine di una diatriba infinita, su tutto ha prevalso la saggezza popolare. Il paese reale ha compreso che fidarsi della scienza è bene, che non possono stare sullo stesso piano le opinioni di ricercatori, suffragate da anni e anni di studi, e quelle di imbonitori di varia natura. E ora, finalmente, l’emergenza sembra quasi alle nostre spalle.
La propaganda, però, non dorme mai. Dopo l’ondata no-vax, si affaccia all’orizzonte la nuova bandiera di tecnoribelli e apocalittici: il presunto rischio elettromagnetismo. Ieri alla Camera dei Deputati c’è stata una mattinata di audizioni – nell’ambito dell’indagine conoscitiva legata alle nuove tecnologie delle telecomunicazioni – sulla transizione verso le reti 5G, con particolare riguardo per gli effetti dei campi elettromagnetici sugli esseri umani. La discussione ha coinvolto vari enti: ISDE Italia, il Centro radioelettrico sperimentale G. Marconi, l’Istituto Ramazzini e Legambiente, insieme a istituzioni scientifiche riconosciute a livello nazionale e internazionale come l’ICEmB, l’Istituto Superiore di Sanità e ISPRA. Interlocuzione con tanti soggetti diversi, pluralità di visioni: tutto bene. Ma attenzione su un punto cruciale: tutte le istituzioni meritano rispetto, non tutte hanno lo stesso peso. E, riguardo alle audizioni di ieri, questo vizio di forma (e di sostanza) è apparso evidente. Il degnissimo Istituto Ramazzini, per dire, non ha certo un peso paragonabile a quello dell’Istituto Superiore di Sanità. Né è possibile non tenere conto delle opinioni dominanti sul tema all’interno della comunità scientifica internazionale, sottolineate dai commenti critici recenti dell’ICNIRP (l’ente che emana le linee guida per la salvaguardia della salute dalle onde elettromagnetiche) proprio all’ultima ricerca del Ramazzini. In sostanza: che dibattito sia, ampio e “democratico”, ma senza piccoli provincialismi e ideologismi. Si rispettino le istituzioni scientifiche internazionali, e la politica non pensi di cavarsela usando audizioni e confronti scientifici con nuovi manuali Cencelli che dettano pretestuosi e falsi equilibri.
Rispetto reciproco e assunzione di responsabilità, sono i due cardini su cui dovrebbe poggiare il rapporto tra scienza e politica. Lo avevamo detto in occasione dell’appello a difesa della scienza di Roberto Burioni, firmato insieme da Beppe Grillo e Matteo Renzi. Lo ribadiamo adesso; i dati danno ragione a chi assume scelte chiare e decise, anche a rischio impopolarità. Se oggi ci ritroviamo a discutere dati positivi sulle vaccinazioni è, senza ombra di dubbio, perchè quel processo decisionale ha preso la strada suffragata da ricercatori e organizzazioni scientifiche autorevoli. Nel caso dell’elettromagnetismo bisogna evitare di imboccare il percorso sbagliato, avallando altre battaglie senza esclusione di colpi combattute a favore del sensazionalismo mediatico, che potremo dichiarare finite in una bolla di sapone soltanto dopo un enorme spreco di risorse ed energie, quando i fatti avranno ancora una volta la meglio sulla cultura del sospetto a tutti i costi.
Perché una cosa è chiara, in questo caso come in quello dei vaccini. Da una parte, a sostenere le ricerche approfondite da decenni sul fronte elettromagnetismo ci sono scienziati che trascorrono una vita a cercare soluzioni che possano migliorare la nostra vita e rendere più sicure le tecnologie che usiamo. Dall’altro lato della barricata – sia detto con il massimo rispetto – ci sono movimenti come lo #Stop5G che ieri, proprio dopo le audizioni in Parlamento, ha convocato una conferenza stampa per annunciare il 1° Meeting Nazionale sullo stop alle nuove reti 5G, le cui linee guida per i partecipanti recitano testualmente: “non utilizzare profumi o deodoranti profumati, evitare di portare con sé ogni tipo di dispositivo elettronico”. La mission del gruppo? “Combattere la snaturalizzazione dell’esistenza forzatamente traghettata in un limbo virtuale”.
Contro queste amenità, la ricercatrice del Ramazzini, che parteciperà tra qualche giorno al Meeting anti 5G, non ha detto una parola in audizione limitandosi in quella sede a blandi dubbi e perplessità. Se avesse parlato del Meeting, tutto sarebbe stato più chiaro. L’indagine conoscitiva sarebbe stata archiviata con l’arrivo di qualcuno con addosso un camice bianco. E i parlamentari sarebbero tornati a fare cose più utili.