Il fermento mediatico relativo alla raccolta firme per il referendum “giustizia giusta”, promosso da Lega e Radicali, sembra ormai un vago e sfumato ricordo: evitando le reiterate critiche in merito all’utilizzo dello strumento referendario per argomenti non comprensibili a tutti e tralasciando, inoltre, le questioni inerenti la lunghezza e chiarezza del testo dei quesiti, vale realisticamente prendere atto che il 12 giugno è vicino e non tutti hanno chiaro se barrare il SI o il NO.
L’iter
La raccolta firme dell’estate scorsa per i quesiti referendari ha portato a casa un risultato di quattro milioni di sottoscrizioni.
I quesiti sono poi stati sottoposti al vaglio di legittimità costituzionale, il cui esito è stato reso noto l’8 marzo 2022, data in cui sono state depositate le sentenze della Corte Costituzionale, presieduta da Giuliano Amato, che ha dichiarato legittimi cinque quesiti su sei: il grande escluso è il quesito relativo alla responsabilità civile dei magistrati (oltre, evidentemente, quello sulla cannabis, ma si tratta di un’altra storia).
I quesiti del referendum
I quesiti hanno ad oggetto la giustizia penale e l’organizzazione della vita professionale dei magistrati e degli organi a loro collegati.
Quesito n.1: Candidature al Csm, via il vincolo delle firme – Scheda verde
Il quesito ha ad oggetto “l‘abrogazione di norme in materia di elezioni dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura”.
Detto in poche battute, attiene all’individuazione delle regole che devono disciplinare l’acceso all’organo di autogoverno della magistratura, composto da consiglieri “togati” (in quanto scelti fra i giudici) e “laici” (in quanto non magistrati).
La norma attualmente in vigore prevede che per l’elezione dei membri togati del CSM sia necessario, per ciascuna candidatura, un numero minimo di 25 fino ad un massimo di 50 presentatori.
Le ragioni del SI: le argomentazioni dei sostenitori richiamano le cronache politico-giudiziarie che hanno disvelato, con grave allarme dell’opinione pubblica, i perversi meccanismi attuati, in seno al CSM, per le nomine ad uffici apicali: l’intento, infatti, sarebbe quello di limitare il peso delle correnti di “potere”, arrivando così a definire un sistema di elezione che preveda candidature individuali dei magistrati, senza gruppi di sostegno.
Le ragioni del NO: senza per questo rendere dipendenti dalle corporazioni correntizie, un minimo di firme a supporto della candidatura potrebbe garantire una certa autorevolezza del candidato e indirettamente creare una prima soglia di sbarramento.
Quesito n.2: Nella valutazione professionale dei magistrati dare più spazio alla componente non togata – Scheda grigia
Il quesito riguarda: la “partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari. Abrogazione di norme in materia di composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari e delle competenze dei membri laici che ne fanno parte”. Si tratta degli organi di governo della magistratura di carattere locale e, nello specifico, della partecipazione di avvocati e professori anche alle deliberazioni che riguardano le valutazioni dei magistrati: valutazioni poi fatte proprie dal CSM nel profilare i magistrati.
Le ragioni del SI: allargare la partecipazione incentiva, in senso oggettivo, il controllo democratico, specie sull’operato dei giudici.
Le ragioni del NO: si vuole preservare l’indipendenza dei togati; proprio perché si tratta di organi locali, le pressioni indebite di esterni sulle valutazioni dei giudici potrebbero rendersi un pericolo di concreto e forte impatto.
Quesito n.3: Separazione delle carriere tra pm e giudici – Scheda gialla
Il sistema, al momento, prevede la possibilità per i magistrati di passare dalla funzione giudicante alla requirente e viceversa, per un massimo di quattro volte nell’arco dell’intera carriera.
Le ragioni del SI: l’attività di chi giudica e di chi accusa, ha natura e caratteristiche completamente diverse. L’intento del referendum è quello di evitare commistioni tra gli uffici e garantire l’imparzialità degli stessi, tale risultato si raggiunge per i promotori solo attraverso la scelta definitiva della funzione eseguita senza ammettere possibilità di cambiamenti al momento del conferimento dell’incarico.
Le ragioni del NO: il passaggio da una funzione giudicante ad una funzione requirente crea un “sano antagonismo”; arricchisce il bagaglio professionale ed esperienziale dei giudici e dei pubblici ministeri, favorisce una maggiore capacità di comprensione dei meccanismi e degli uffici.
Quesito n.4: Limiti all’abuso della custodia cautelare – Scheda arancione
La custodia cautelare è tra gli istituti di maggiore impatto concreto nel processo penale. La norma di cui si propone la modifica è l’articolo 274 CPP ove si prevede, nei casi di reati non gravi, una restrizione all’ambito di applicazione del “concreto ed attuale pericolo di reiterazione del reato”, quale condizione legittimante per emettere un provvedimento custodiale.
Le ragioni del SI: i numeri relativi alla custodia cautelare preventiva ed agli arresti domiciliari per indagati ed imputati non ancora processati sono altissimi e la custodia, proprio perché “cautelare”, è posta in essere in assenza di un accertamento definitivo della responsabilità penale: in situazioni, in sintesi, non corrispondenti, molte volte, ad una effettiva pericolosità del reo, vulnerando la presunzione di innocenza, costituzionalmente prevista. Da qui l’intento di limitare i poteri del giudice di disporre di tale indice.
Le ragioni del NO: agire con tempestività ed urgenza attraverso le misure cautelari, soprattutto nei confronti di soggetti tendenti alla reiterazione dei reati, è necessario: l’inciso che si andrebbe a modificare, riguardando proprio il “concreto ed attuale pericolo di reiterazione del reato”, rischia perciò di creare l’effetto contrario.
Quesito n.5: abolizione della legge Severino – Scheda rossa
La vigente legge “Severino”, promossa nel 2012 dalla Ministra della Giustizia del tempo, prevede l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza automatica a ricoprire cariche elettive e di governo per le persone che sono state condannate in via definitiva (e in alcuni casi non definitiva) per determinati tipi di reati, tra cui mafia, terrorismo e reati contro la PA.
Le ragioni del SI: l’intento è quello di eliminare tale automatismo, facendo sì che il giudice torni a valutare, caso per caso, se aggiungere o meno la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici.
Le ragioni del NO: l’intervento di abrogazione in toto della legge desta preoccupazioni, rappresentando la legge Severino un caposaldo della lotta alla corruzione degli ultimi tempi. I contrari, sostengono infatti che si dovrebbe intervenire, ma in modo puntuale per correggerne solo alcuni elementi (come la sospensione della carica degli amministratori locali anche con sentenza non passata in giudicato).
Per approfondire: