La crisi economica che nell’ultimo decennio ha colpito il mondo occidentale ha naturalmente colpito anche il mondo del lavoro. La ripresa è stata spesso difficile, è parsa anche impossibile talvolta, ma gli indicatori mostrano che la situazione sta migliorando e che nei prossimi anni il mondo del lavoro potrebbe avere un futuro più roseo di quello che spesso ci viene rappresentato.
Dal rapporto BES 2016 su “Lavoro e conciliazione dei tempi di vita” appare chiaro che ci siano elementi positivi sia dal punto di vista della crescita sia della stabilità occupazionale. Il lavoro è diventato infatti più stabile, regolare, con retribuzioni che ben si armonizzano con le competenze acquisite nel sistema formativo. I precari di lungo periodo, ovvero i lavoratori che hanno contratti a termine da almeno cinque anni, sono diminuiti, anche se non in modo significativo. I dati infatti presentano 0,2 punti in meno del 2014, attestandosi al 19,5%. Miglioramenti più significativi li ritroviamo nella percezione di stabilità nel rapporto di lavoro. La quota di lavoratori infatti che temono di perdere il proprio impiego e di poterne nuovamente trovare uno adeguato è scesa all’8,6%, con quote che nell’anno precedente si attestavano sul 10,2%. Per la fascia d’età tra i 15 e i 34 anni e per i residenti nelle regioni meridionali il calo è ancora più cospicuo. La riduzione della percezione di insicurezza inoltre ha riguardato tutti i settori di attività con picchi del 13,7% nel settore dell’agricoltura, alberghiero e della ristorazione.
Indicatore da non sottovalutare, per il benessere sociale, è la crescita anche della percezione di soddisfazione dei lavoratori che segnala punteggi in crescita già da due anni. Alla stabilità lavorativa, l’orario di lavoro e la remunerazione infatti, è stata assegnata una media di punteggi del 7,3, in una scala che va da 0 a 10. Dal rapporto appare che i più soddisfatti del loro impiego sono i lavoratori che hanno scelto volontariamente un impiego a tempo parziale, il 60% dei quali ha assegnato valori medi di soddisfazione in un punteggio che va tra 8 e 10.
Per quanto la disparità Sud-Nord sia una realtà con cui l’Italia ha imparato a convivere, un dato che sembra fornirci buone premesse per un migliore futuro è quello che riguarda le dinamiche territoriali dell’occupazione. Nel Mezzogiorno infatti per la prima volta dall’inizio della crisi l’aumento del tasso di occupazione è più accentuato che nel resto del paese, con un aumento dello 0,8% rispetto ai valori del Nord dello 0,6% e dello 0,5% del Centro.
Dal rapporto appare che i più soddisfatti del loro impiego sono i lavoratori che hanno scelto volontariamente un impiego a tempo parziale, il 60% dei quali ha assegnato valori medi di soddisfazione in un punteggio che va tra 8 e 10.
Per quanto riguarda la fascia d’età che va dai 24 ai 64 anni, la crescita dell’occupazione è stata di 0,6 punti percentuali rispetto al 2014, portando la quota del tasso di occupazione al 60%.
Notizie positive arrivano anche dai dati sul divario di genere. Gli indicatori sulla differenza tra i tassi di occupazione delle donne con figli in età prescolare e delle donne senza figli nella fascia di età tra i 25 e i 49 sono in miglioramento, al 78%. Questi aumenti non hanno la stessa intensità del 2012, quando il rapporto aveva un tasso di crescita del 2,1% ma l’aumento è costante. Stessa crescita presenta l’asimmetria all’interno della coppia riguardo la divisione dei carichi domestici. Per le donne i problemi di conciliazione tra la vita e il lavoro restano rilevanti, ma qualcosa sta migliorando, come migliora la disparità in termini di mancata partecipazione al lavoro, nonostante si attesti su valori accentuati del 26,8%.
Per quanto riguarda i giovani nella fascia d’età che va dai 24 ai 64 anni, la crescita dell’occupazione è stata di 0,6 punti percentuali rispetto al 2014, portando la quota del tasso di occupazione al 60%. Nella fascia d’età tra i 20 e i 34 anni la crescita è di 0,2 punti, per gli under 55 di 0,3. Gli aumenti per gli ultracinquantenni sono più significativi, arrivano a superare di 2 punti i dati del 2014.
Il 2015 si è presentato anche con una novità. Uno dei fattori che invece per la prima volta dimostra una diminuzione è il tasso di mancata partecipazione che rispetto al 2014 ha una riduzione dello 0,4% e si è attestato in valori del 22,5%.
Ultimo dato in crescita è quello sulla sicurezza sul lavoro dal quale provengono altri segnali positivi. Il tasso di infortuni mortali e inabilità permanente è pari a 12,2 lavoratori ogni 10.000 occupati. La riduzione è di circa un punto rispetto al 2013.