sabato, 25 Marzo 2023

Polarizzazione? Non è solo colpa delle echo chambers

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Molti si chiedono se la polarizzazione delle opinioni sia favorita dal confronto con idee analoghe alle proprie, oppure dall’incontro con quelle opposte. Di solito prevale la prima ipotesi, soprattutto quando si parla di web e, in modo particolare, da quando è stato individuato il fenomeno delle echo chamber.

Ma procediamo con ordine. Internet in teoria offre la possibilità di arricchire il proprio bagaglio di conoscenze e informazioni. Alcuni argomenti tuttavia, sono meno neutrali di altri, dal momento che chi naviga, possiede già delle opinioni in merito ed è spinto a ricercare contenuti in linea con le proprie idee preesistenti. La psicologia cognitiva utilizza l’espressione pregiudizio di conferma, proprio per indicare quell’attitudine a ricercare informazioni conformi alla propria visione del mondo e quindi in grado di confermare le proprie idee.

Tutto ciò che è nuovo presupporrebbe un continuo mettere in discussione credenze o conoscenze già acquisite, significherebbe dover abbandonare schemi mentali utili a orientarsi. Ecco allora che l’essere umano preferisce percorrere strade già note, anche sul Web. Il potenziale conoscitivo offerto da Internet risulta quindi vanificato da meccanismi connaturati nell’uomo ma non solo, perché viene limitato anche da altre dinamiche indotte dall’ambiente digitale stesso, come quelle relative alle filter bubble e appunto, alle echo chamber.

Nel libro Disinformazia, Francesco Nicodemo ha riportato la definizione di filter bubble fornita da Eli Pariser durante i Ted Talk del 2011, secondo cui si tratta del proprio universo personale e unico di informazioni che si vive on-line. E cosa c’è nella vostra filter bubble dipende da chi sei, e dipende da ciò che fai. Ma il punto è che non si decide ciò che si mette all’interno. E ancora più importante, in realtà non si può vedere ciò che viene modificato fuori . In altre parole, secondo Pariser gli algoritmi condizionano l’esperienza online perché filtrano i contenuti da mostrare agli utenti in base alle ricerche che hanno effettuato.

Lo scopo è incontrare la loro domanda e offrire esattamente ciò che vogliono, ma di fatto si elimina una parte importante di contenuti che probabilmente chi naviga non andrà mai a ricercare di sua spontanea volontà. Come è noto però, già da tempo le piattaforme stanno cercando di agire sotto questo aspetto per rendere l’esperienza della navigazione meno vincolata.

Le echo chamber invece sono «uno spazio definito sul web nel quale le idee scambiate, essenzialmente, si confermano le une con le altre. Per esempio, può essere uno spazio di persone che hanno la stessa mentalità e che si scambiano idee politiche simili, oppure una pagina su una teoria cospirazionista. Una volta entrati in questi spazi, gli utenti scambiano informazioni molto simili, in pratica facendosi eco l’un l’altro», secondo una definizione di Walter Quattrociocchi riportata da Luca de Biase.

Come ricordato in precedenza, le echo chamber vengono considerate un incentivo alla polarizzazione, perché si ritiene che confrontarsi con chi ha idee analoghe alle proprie, rafforzi le opinioni iniziali rendendole ancora più estreme. Tuttavia, uno studio riportato da The Next Web sembra andare nella direzione opposta, perché è emerso che, al contrario, confrontarsi con idee antitetiche alle proprie rafforzi le idee iniziali di ciascuno.

Il report dei ricercatori della Duke University, di Princeton e della New York University, pubblicato lo scorso 21 marzo, ha coinvolto 1652 persone che si sono definite di orientamento repubblicano o democratico. Una settimana dopo è stato selezionato un gruppo per partecipare allo studio, a cui è stato detto che per un mese avrebbero seguito un bot con un incentivo di 11 dollari. Il bot ha retwittato contenuti politici 24 volte al giorno. Per assicurarsi una effettiva partecipazione all’esperimento, i ricercatori hanno offerto altri piccoli incentivi economici (fino a 18 dollari) per far rispondere anche ad alcuni sondaggi.

La particolarità dello studio consiste nel fatto che ai democratici è stato fatto leggere un bot che proponeva contenuti di tipo conservatore e viceversa ai repubblicani, uno di orientamento democratico. Ciò che è emerso è stata una polarizzazione delle opinioni iniziali. In particolare, l’atteggiamento dei liberali è cambiato in “modo statisticamente insignificante”, mentre quello dei repubblicani è diventato più marcato a seguito dell’esposizione alle idee liberali. La ricerca non prova che i contatti tra gruppi sui social network riduca la polarizzazione politica, solo che noi siamo portati a pensare che questa aumenti prevalentemente quando ci si trova in una echo chamber. Invece il dato dei repubblicani dimostra che anche confrontarsi con le idee opposte alle proprie può favorire questa dinamica.

Non possiamo ricavare una sorta di regola generale da singoli studi ma ciò che si può dedurre è proprio l’impossibilità di giungere a delle conclusioni. Alcune dinamiche che avvengono nell’ambiente digitale vanificano il potenziale conoscitivo offerto da Internet, ma paradossalmente proprio alcuni aspetti più controversi stanno favorendo studi e ricerche utili ad approfondire ulteriormente fenomeni di carattere psicologico.

 

di Giusy Russo

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da uno studio emerge come anche confrontarsi con idee antitetiche alle proprie rafforzi le idee iniziali di ciascuno

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