sabato, 23 Settembre 2023

Pandemia, green deal e materie prime: il libro di Gianclaudio Torlizzi

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Noel Angrisani
Laureato in Scienza della Politica, ha completato il suo percorso di studi con un master in Relazioni Istituzionali, Lobby e Comunicazione d'Impresa. Per due anni si è occupato di progettazione europea, successivamente ha lavorato presso un'agenzia di eventi corporate e B2B per il No-Profit. Dopo essersi cimentato nel public affairs, oggi lavora come consulente in ambito organizzazione e pianificazione.

L’approccio scelto per analizzare le questioni energetiche ha spesso oscillato tra una scarsa comprensione delle dinamiche di mercato e un’utopia ecologista insostenibile. Questo si è tradotto, con il contributo considerevole offerto dalla pandemia, in una profonda crisi di sistema, con rischi concreti di approvvigionamento, prezzi alle stelle e blocchi delle attività economiche. La sensazione osservando le (non)scelte dei decisori pubblici è che si naviga a vista, puntando sulla temporaneità dell’aumento dei prezzi e sperando in un inverno non troppo rigido. In realtà ci sono alla base ragioni più profonde, al di là del Covid-19, puntualmente analizzate e indagate da Gianclaudio Torlizzi nel volume Materia rara. Come la pandemia e il green deal hanno stravolto il mercato delle materie prime”

Il superciclo delle materie prime

Secondo l’autore quello che si sta prefigurando è un superciclo delle materie prime, in cui vi sono tre elementi strutturali. Il primo legato al boom dei consumi grazie ai cospicui stimoli monetari e fiscali varati da banche centrali e governi per fronteggiare la pandemia; il secondo riguarda lo sviluppo del green con massicci sussidi per la transizione energetica e la decarbonizzazione; infine il terzo concerne le restrizioni sull’offerta laddove l’esplosione dei consumi e lo sviluppo dei piani ambientali ha stravolto la filiera produttiva delle materie prime.

Il combinato disposto dei nutriti sostegni pubblici, per evitare ulteriori tracolli, e l’urgente riconversione dei sistemi energetici, sulla spinta emotiva ecologista, ha innescato una spirale energico-inflazionistica che pone gravi minacce alla ripresa economica. 

Le scelte dell’Unione Europea

Più in generale emergono interrogativi sulle indicazioni di politica ambientale. Ad esempio, la scelta di scommettere sulle rinnovabili e, in questo contesto di débâcle produttivo, il ruolo giocato «dagli impianti eolici e idroelettrici nell’aggravare la crisi energetica» soprattutto per i deboli venti dell’ultima estate. Questo ha comportato «una produzione di gas maggiore del previsto aumentando il divario di 10 milioni di metri cubi al giorno. Forse bisognerebbe riflettere sull’opportunità di incentrare i piani climatici su fonti totalmente dipendenti dal meteo». Ulteriori dubbi, e ostacoli, investono l’utilizzo del nucleare sulla cui sicurezza si continua a dibattere in seno all’Unione Europea, mentre la Francia proprio «grazie all’energia nucleare è il Paese con il miglior rapporto CO2 emessa e PIL prodotto» e l’onnipresente Cina sta completando importanti investimenti.

È visibile, dunque, come sottolinea amaramente Torlizzi, che «i piani ambientali europei puntano altrove, evidenziando un approccio dirigistico il cui unico obiettivo sembra essere quello di spingere al rialzo il prezzo della CO2, e dunque accrescere l’attrattività di quelle applicazioni su cui si è deciso di puntare (eolico offshore, batterie, idrogeno), senza curarsi eccessivamente dei danni collaterali in termini di aumento dei costi non solo della bolletta energetica, ma anche dei beni necessari alla vita di tutti i giorni, come auto, elettrodomestici e materiali da costruzione». 

Gli effetti, a medio e lungo termine

Appare scontato, quindi, un aumento generalizzato non solo delle materie prime o dei costi di produzione, ma soprattutto dei prodotti finali. Da una tendenza congiunturale ad una consolidata. I mercati, però, al momento continuano a ritenere provvisorie «le tensioni lungo le catene di fornitura» e fidarsi dell’interpretazione data dalla narrativa dominante.

Pur risultando evidente l’eccezionalità della fase attuale, permangono forti perplessità sul medio termine. Una volta conclusa la politica di stimoli fiscali e monetari, il cammino verso nuovi modelli di sviluppo dovrà tenere inevitabilmente conto delle numerose distorsioni già presenti e di un possibile rigetto nell’opinione pubblica

Gli effetti prossimi del green deal e della neutralità carbonica – «dal potere d’acquisto delle fasce di popolazione meno abbienti, alla marginalità delle imprese che non riusciranno a gestire l’estrema volatilità dei prezzi della materie prime e la sfaldatura delle supply chain, e sulla tenuta dei Paesi in via di sviluppo particolarmente vulnerabili alle variazioni dei prezzi dei generi alimentari» – continuano ad alimentare preoccupazioni sul futuro post-pandemico.  Il merito di Gianclaudio Torlizzi è quello di aver fornito un utile vademecum per comprendere le complesse dinamiche dei mercati, provando a far luce sulla contorta strategia energetica europea.

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