sabato, 23 Settembre 2023

L’Ue ha reso gli Open Data più “trasparenti”, ma serve informazione

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‘Il valore economico diretto totale delle informazioni del settore pubblico e dei dati provenienti dalle imprese pubbliche passerà dai 52 miliardi di € del 2018 a 194 miliardi di € entro il 2030’. È questa la stima prospettata dal vicepresidente e commissario per il Mercato Unico Digitale, Andrus Ansip, in occasione dell’accordo raggiunto da Parlamento europeo, Consiglio e Commissione europea sulla nuova direttiva ISP sui dati aperti e sull’informazione del settore pubblico. Ed è verso queste previsioni che si sta muovendo la Commissione europea, con l’obiettivo di investire sui dati come motore di crescita di numerosi servizi digitali e, allo stesso tempo, accelerare l’innovazione europea nei settori a forte competizione, come lo è soprattutto quello dell’intelligenza artificiale. L’output di questo processo è – o per lo meno dovrebbe essere – la nuova direttiva ISP che aggiorna l’attuale normativa sul riutilizzo dei dati e sulla quale si attende ora l’adozione formale di Parlamento e Consiglio.

LA DIRETTIVA

Identificare, stimolare, limitare, allargare e rafforzare. Sono questi i cinque step su cui la nuova direttiva ISP intende lavorare con lo scopo di raggiungere gli obiettivi prefissati entro i due traguardi del 2020 e del 2030. Non solo quindi le aspettative economiche, secondo le quali la data economy europea è destinata ad aumentare (entro la prima tappa del 2020) di 739 miliardi di euro,  ma anche l’innovazione nel campo dei trasporti e dell’energia così come dell’assistenza sanitaria, settore su cui la Commissione ha già presentato, nei mesi scorsi, misure adeguate a favorire la ricerca, la prevenzione e le riforme del sistema sanitario attraverso l’uso di dati non personali.
La direttiva ISP prevede, quindi, che tutti i contenuti del settore pubblico accessibili ai sensi delle norme di accesso nazionale siano disponibili gratuitamente per il riutilizzo. In particolare, verrà data priorità a statistiche e dati geospaziali, considerati a notevole impatto commerciale per lo sviluppo di prodotti e servizi di informazione, mentre per quanto riguarda le imprese, queste dovranno garantire l’uso di formati di dati e di metodi di diffusione appropriati. Per quanto riguarda lo scambio di informazioni tra settore pubblico e società private, la direttiva prevede poi l’adozione di misure di salvaguardia per rafforzare la trasparenza e limitare la conclusione di accordi che potrebbero portare a un riutilizzo esclusivo dei dati del settore pubblico da parte dei partner privati.

La nuova direttiva in materia di dati aperti rappresenterebbe, pertanto, un ulteriore passo in avanti per chi lavora nella pubblica amministrazione, oltre che uno stimolo importante per la crescita dell’economia, dell’innovazione e della digitalizzazione attorno a tutti i settori economici. 

BIG DATA & DEMOCRAZIA

Ma i big data oggi non costituiscono uno strumento prezioso a esclusivo vantaggio della data economy europea, dell’intelligenza artificiale e dei servizi innovativi. Come ha sottolineato la commissaria responsabile per l’Economia e la Società Digitali, Mariya Gabriel, infatti, ‘la disponibilità di dati aperti provenienti dal settore pubblico è importante anche per la nostra democrazia e la nostra società, perché aumenta la trasparenza e sostiene un dibattito pubblico basato sui fatti’. Sul fronte democrazia e dati, l’Unione europea ha sempre avuto un occhio di riguardo – ricorderemo tutti il caso Cambridge Analytica e Zuckerberg in audizione al Parlamento europeo – e il Regolamento generale sulla protezione dei dati (entrato in vigore il 25 maggio 2018 e dagli effetti già in corso, vedi la multa contro Google) ne costituisce una prova, oltre ad essere il documento dal quale dipende non solo la direttiva stessa, ma anche il ‘pacchetto Dati 2018’ sull’utilizzo di diversi tipi di dati (pubblici, privati, scientifici).

PIÙ CONSAPEVOLEZZA

Tra report, strategie e nuove policy, rimane comunque il nodo sull’apertura ai dati nell’Ue da parte degli Stati membri. Secondo gli ultimi dati dell’Open Data Maturity Report 2018, il tasso di maturità tra i Paesi europei si attesta, infatti, al 65%, mentre – buone nuove per noi – l’Italia si conferma trendsetter al quarto posto per il secondo anno consecutivo, per capacità di mettere in campo una politica di open data  avanzata, organizzata e coordinata. Ad ogni modo, il tema degli open data è ancora molto sensibile agli occhi dei cittadini e c’è ancora molta diffidenza. Ecco perché, proprio come per il 5G, è importante lavorare sul confronto e sul dibattito degli open data pubblici: generare consapevolezza  e informazione dovrebbero, quindi, essere due azioni da intraprendere per valorizzare uno strumento, oggi più che mai, indispensabile per fare dell’Unione europea un role player nel settore della data economy e del data driven transformation. 

 

di Elania Zito

[dt_quote]La nuova direttiva in materia di dati aperti rappresenterebbe, pertanto, un ulteriore passo in avanti per chi lavora nella pubblica amministrazione, oltre che uno stimolo importante per la crescita dell’economia, dell’innovazione e della digitalizzazione attorno a tutti i settori economici.[/dt_quote]
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