Reinhard Jahn, è un biologo tedesco insignito del Premio Balzan 2016 per le neuroscienze molecolari e cellulari. I suoi studi hanno dato un importante contributo alla comprensione della fusione della membrana cellulare e all’identificazione del ruolo che giocano alcune proteine nella comunicazione tra i neuroni. I suoi studi potrebbero avere un forte impatto nel futuro degli studi di neurobiologia degenerativa e dello sviluppo. Intervistato da El Mundo, il neurobiologo ha parlato dell’effetto che l’uso delle tecnologie avranno sul nostro cervello.
Jahn sostiene che, così come ogni azione ripetitiva lascia un segno sul nostro cervello, così l’uso delle nuove tecnologie influirà sullo sviluppo di alcune aree del cervello fino ad allora inutilizzate. Per spiegare il funzionamento delle connessioni neuronali, il neuroscienziato utilizza come esempio l’acquisizione di competenze musicali. In effetti, quando si impara a suonare un nuovo strumento musicale, il cervello dell’uomo sviluppa aree cerebrali che in precedenza non erano state utilizzate, attivando nuove connessioni neuronali. Allo stesso modo, ripetere l’azione di digitare lettere sulla tastiera di un cellulare porterebbe il cervello ad apprendere un nuovo comportamento e ad adattarsi ad esso in modo da essere più efficace e affrontarlo con sempre maggiore efficienza e semplicità.
Il neuroscienziato sottolinea che questi cambiamenti aumenteranno il numero delle connessioni neuronali rendendole più forti ma non procureranno cambiamenti permanenti al nostro cervello, che costituirebbero cambiamenti biogenetici. Non nasceranno quindi bambini con un cervello già adattato alle nuove tecnologie. I catastrofismi biogenetici sono lontani e fuori luogo.