sabato, 10 Giugno 2023

Nord Stream 2, il gasdotto della discordia

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Noel Angrisani
Laureato in Scienza della Politica, ha completato il suo percorso di studi con un master in Relazioni Istituzionali, Lobby e Comunicazione d'Impresa. Per due anni si è occupato di progettazione europea, successivamente ha lavorato presso un'agenzia di eventi corporate e B2B per il No-Profit. Dopo essersi cimentato nel public affairs, oggi lavora come consulente in ambito organizzazione e pianificazione.

Il 26 settembre in Germania si svolgeranno le elezioni politiche con cui verrà designato il successore di Angela Merkel. Tra le tante eredità da raccogliere probabilmente la più pesante riguarderà la gestione del discusso gasdotto Nord Stream 2. La Cancelleria – dopo giorni di serrate trattative e giudizi, apparentemente, tranchant da parte di Biden – è riuscita ad ottenere, tramite un comunicato congiunto, il via libera non sono al completamento dell’opera ma soprattutto della possibilità di non interrompere il collegamento nel caso in cui Mosca sfruttasse il gas per mettere Kiev in una brutta posizione.

Questione di lunga data

Da oltre vent’anni si discute di un’opera strategica non solo per questioni energetiche, ma in particolare per i numerosi riflessi geopolitici. Il principale riguarda il potere negoziale, secondo alcuni ricattatorio, che la Russia di Putin sarebbe in grado di esercitare sull’intero continente europeo. Un altro aspetto concerne l’ambiguità – in uno scenario che non può che far pensare alla guerra fredda – degli Stati Uniti nei confronti dei paesi eurorientali (Ucraina e Polonia hanno infatti duramente criticato l’accordo) sacrificati sull’altare della realpolitik e non più argine all’avanzata russa.

L’accordo sul Nord Stream 2 non sarà un gioco a somma zero. Molto probabilmente nei prossimi mesi assisteremo ad un rimescolamento delle alleanze, con la Cina spettatore interessato. Infatti l’atteggiamento ondivago di Biden – che aveva definito il gasdotto un “bad deal” – sembra trasmettere un eccesso di confidenza rispetto a potenziali, ma a questo punto tutti da verificare – contributi offerti dai tedeschi e dagli ex paesi dell’Unione Sovietica in merito al tentativo di ridurre i legami e la penetrazione economica cinese in Europa.

E la Russia?

Se il pomo della discordia è rappresentato principalmente dalla Russia di Putin, nel corso di questi anni sono stati numerosi i tentativi volti ad eludere e depotenziare la capacità destabilizzante di Mosca, dal TAP al Trimarium. Tutti questi esperimenti vanno letti non solo in un’ottica geopolitica, ma in un contesto più ampio di transizione energetica.

Il Nord Stream 2 è decisivo

Da questo punto di vista osservare gli indirizzi di (geo)politica energetica tedesca è indicativo. L’ingresso nel Trimarium e il supporto decisivo al Nord Stream 2 rappresentano i tasselli di un ampio mosaico che vede in questo ventaglio la volontà di ridurre la dipendenza dal carbone e dall’energia nucleare (il cui abbandono definitivo è previsto nel 2022).  Una decisiva accelerazione e un ulteriore contribuito nel diversificare le fonti di energia è stato dato da una recente – fine aprile – e discussa decisione della Corte costituzionale tedesca che ha imposto al governo una modifica della legge su clima e l’introduzione entro di rigidi obiettivi per la riduzione di gas serra.

Né buoni né cattivi

Ancora una volta le controversie riguardanti il mondo dell’energia ci dimostrano come una lettura manichea, un voler tracciare un forzato confine tra buoni e cattivi, rischi di apparire profondamente distorta e fuorviante. Esistono legittime ambizioni espansionistiche, nei limiti dei trattati e del diritto internazionale, che si accompagnano ad un potere economico coadiuvato dalla capitalizzazione di risorse naturali. Se tutto questo comporta vantaggi e svantaggi competitivi, aumento o diminuzione di peso nello scacchiere internazionale, sono questioni che investono il “libero” gioco della politica. Sarebbe più proficuo sperimentare valide soluzioni alternative per colmare il gap; tuttavia applicarvi categorie morali o etiche è solo l’ultimo, disperato e goffo, tentativo per denunciare la propria incapacità.

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