Si sono tenute oggi le audizioni informali in videoconferenza sul ddl 2495 – (rappresentanza di interessi) presso la Commissione Affari Costituzionali del Senato della Repubblica.
Di seguito l’intervento integrale di Claudio Velardi, Presidente della Fondazione Ottimisti&Razionali.
Buonasera e grazie dell’invito. Di rappresentanza di interessi e lobbying mi occupo professionalmente, a vario titolo, da decenni. Oggi il tema, come è evidente, ha dei confini molto più ampi rispetto al passato. Il mondo è cambiato e, con esso, è cambiato tutto ciò che ruota intorno al lobbying. Prima, gli interessi di classi sociali, categorie, ordini professionali, aziende o associazioni di impresa erano filtrati e selezionati attraverso lo strumento principe della democrazia rappresentativa, il Parlamento nazionale. C’era una sorta di nomenclatura dichiarata di interessi che avevano, in maniera più o meno diversa, una rappresentanza in Parlamento.
Oggi è cambiato tutto, a partire dai luoghi i cui si prendono le decisioni, che si sono enormemente diffusi. Molti poteri si sono spostati verso l’alto e verso il basso – dall’Europa alle Regioni, dai crescenti organismi sovranazionali fino ai poteri di svariate autorità indipendenti. Ma questo è avvenuto e ancora avviene perché è cambiata la società che ha chiesto, si è battuta e ha ottenuto una autonomia crescente. È diventata una società meno dipendente. Poi, da alcuni anni, la sua autonomia è completamente esplosa con l’avvento di internet, con la rete, con la pervasività dei social. Qual è il risultato di ciò che è accaduto? Nella nuova società ognuno si fa portatore dei propri interessi attraverso agenzie diverse, inedite e non sempre intercettabili, con modalità anche comunicative creative, fantasiose e innovative. Tutto per orientare l’opinione dei decisori a proprio favore, in relazione ai propri interessi che, peraltro, sono momentanei e cangianti. Proprio in quanto viviamo in una società decisamente più mobile e dinamica che in precedenza. In qualche modo, quindi, direi che oggi tutto è lobbying, e ognuno è lobbista di sé stesso o per conto di terzi, molto spesso professionalmente.
Questo è un processo che io giudico molto bello, molto positivo, molto democratico. Penso che sia un processo da favorire, da incoraggiare, da accompagnare da parte delle istituzioni. Di fronte alla società che cambia, le istituzioni non si devono chiudere a riccio, né possono più ritenere che il mondo passi tutto quanto da un’aula del Parlamento. Così come non devono chiudersi a riccio nemmeno i professionisti del lobbying che, infatti, non intendono diventare l’ennesima corporazione. Io sono tra coloro che hanno firmato “il Manifesto della buona Lobby”, un testo firmato da decine e decine di professionisti affermati di cui voi decisori, voi parlamentari conoscete le capacità, perché li incontrate ogni giorno, ascoltate i loro argomenti, che sono posti sempre in maniera appropriata, nell’interesse dei danti causa ma sempre con uno sguardo al miglior funzionamento del sistema democratico. Nella stragrande maggioranza dei casi un bravo lobbista aiuta a migliorare una legge, non a complicarla ulteriormente o a renderla più farraginosa.
I lobbisti sono professionisti che già si trovano a dover affrontare tutti i giorni la pigrizia dei media che etichettano come lobby qualunque azione o trama che non sia di loro gradimento (anche i media, ovviamente, sono portatori di interesse, sono lobbisti tra i lobbisti). E devono sapersi districare nell’astrusità di alcune norme già esistenti che sembrano fatte apposta per complicare la vita a chiunque (mi permetto di citare su tutte il famigerato, inafferrabile, lunare “traffico illecito di influenze”).
Eppure, questi professionisti continuano a fare bene il proprio mestiere. Il lobbismo di professione è un mercato ancora piccolo ma è sano e in espansione, le aziende e le associazioni si rivolgono in numero crescente a decine di agenzie dove crescono giovani professionisti che hanno competenze giuridiche, comunicative, che sono capaci di fare advocacy e scrivere leggi, organizzare eventi, trovare soluzioni ai problemi. Tenetene conto, signori parlamentari, parliamo di un segmento della società che può contribuire a far girare meglio il sistema: questo è il mondo del lobbying professionale.
Ora, questi professionisti del lobbying hanno tutte le intenzioni di supportare una legge che dia certezze normative senza essere punitiva e vincolistica. Una legge che dia fiducia a chi questo mestiere sa farlo e sa farlo bene, naturalmente sulla base di regole chiare: poche, semplici, praticabili, attuabili, operative. Questo è il senso delle proposte di modifica al ddl 2495 che vengono ipotizzate nel “Manifesto della buona Lobby”, e che sintetizzo in due punti nodali.
Da una parte vi sono proposte che puntano a risolvere diverse problematiche legate all’iscrizione al registro dei lobbisti: dalla cadenza del suo aggiornamento, al superamento di alcuni divieti molto discutibili, come quello di iscrizione per i giornalisti; dall’individuazione di soluzioni adeguate per le attività delle società partecipate, molto spesso società di interesse nazionale, fino alla necessità di comprendere nel vasto circuito di un lobbismo intelligente e moderno le rappresentanze di interessi più consolidate, che non devono restare chiuse nei loro antichi privilegi istituzionali: non serve a loro e non serve al sistema nel suo insieme. Proposte ragionevoli, come vedete, problemi da risolvere con duttilità, senza spirito burocratico e prescrittivo.
Dall’altra parte le proposte del “Manifesto della buona lobby” riguardano le attività di dialogo con le istituzioni, che non devono in alcun modo essere appesantimenti burocratici, ma devono far parte di un sistema semplificato e user friendly di reporting. Gli aggiornamenti delle attività – per esempio – devono essere periodici, ma non inutilmente settimanali. Così come è bene che ogni forma di dialogo tra lobby e istituzioni preveda diritti e doveri per i lobbisti come per le istituzioni. In questo senso le proposte mirano ad avviare delle buone pratiche di trasparenza su entrambi i fronti, nel segno della reciprocità del rapporto tra lobby e istituzioni.
Queste proposte di buon senso le abbiamo sottoscritte in tanti, e testimoniano la volontà, da parte del lobbismo italiano, di aiutare e sostenere una normativa che sia aperta e moderna. Non si tratta, in sostanza, di approvare una legge qualunque, che complichi la vita a tutti, che abbia intenti punitivi o sia fatta solo per rivendicare il risultato in sé. Perché una legge mal fatta in questo ambito si ritorcerebbe rapidamente contro i decisori, contro le istituzioni, gli apparati pubblici, e il mondo della giustizia. Mentre i professionisti del lobbying continuerebbero a fare il proprio lavoro, come si è fatto in tutti questi anni, pur in presenza di normative lacunose e zoppicanti.
L’obiettivo deve invece essere quello di una buona legge che consenta di allargare la capacità di rappresentanza del sistema e permetta ad un numero crescente di attori di essere e diventare sempre più parte del processo democratico.
Vi ringrazio per l’attenzione.