Oggi, giovedì 21 luglio, si è intensificata la flessione dei mercati finanziari italiani dopo le dimissioni del primo ministro Mario Draghi, che ha scatenato nuove preoccupazioni sul futuro dell’economia fortemente indebitata del Paese.
Come conseguenza del disfacimento della coalizione di unità nazionale di Draghi, il rendimento del titolo di Stato decennale di Roma è balzato di 0,18 punti percentuali, al 3,57%. I rendimenti delle obbligazioni aumentano quando i loro prezzi scendono. I movimenti di oggi hanno portato il divario tra i rendimenti decennali di riferimento italiani e tedeschi – Un indicatore dello stress del mercato attentamente monitorato – a circa 2,3 punti percentuali, riflettendo un aumento di circa 0,3 punti percentuali in soli due giorni.
Draghi ha rassegnato le proprie dimissioni al Presidente Sergio Mattarella questa mattina, dopo aver ottenuto il voto di fiducia mercoledì sera perdendo però il sostegno dei membri della sua coalizione. Si prevede che Mattarella sciolga il Parlamento e annunci elezioni lampo. La crisi del debito italiano giovedì ha messo sotto pressione gli altri mercati obbligazionari dell’eurozona, con un aumento dei rendimenti di Grecia, Spagna e Portogallo.
L’indice FTSE dei titoli italiani è sceso del 2%. Le maggiori banche del Paese, grandi detentrici del debito italiano, hanno guidato i ribassi, con Intesa Sanpaolo e UniCredit in calo di oltre il 6% ciascuna.

La svendita del debito italiano ha aumentato la posta in gioco per la Banca Centrale Europea che si prepara ad alzare i tassi di interesse per la prima volta dal 2011. Gli economisti si aspettano che la banca centrale aumenti i costi di finanziamento di 0,25 punti percentuale rispetto al livello attuale di -0,5%, ma i responsabili dei tassi erano anche pronti a discutere un possibile aumento di 0,5 punti percentuali. Gli analisti si aspettano anche che la BCE faccia luce su un presunto strumento “anti-frammentazione” volto a limitare la divergenza dei costi di prestito tra i Paesi più forti e quelli più deboli dell’Eurozona, una sfida accentuata giovedì dall’espansione del differenziale di rendimento italiano.
Ludovico Sapio, macro research associate di Barclays, ha affermato che “l’uscita di Draghi dalla scena politica e le elezioni lampo sono un chiaro elemento negativo per l’Italia e l’UE”, aggiungendo che ciò “complicherà la potenziale progettazione e l’utilizzo dello strumento anti-frammentazione [della BCE]”. Kiran Ganesh, responsabile globale della comunicazione sugli investimenti di UBS, ha dichiarato: “I mercati vogliono qualcosa che controlli gli spread delle obbligazioni italiane che salgono direttamente”.
L’euro ha guadagnato lo 0,3% rispetto al dollaro, attestandosi a 1,02 dollari, dopo che la scorsa settimana era sceso alla parità con la valuta statunitense per la prima volta in 20 anni. Giovedì la Russia ha ripreso a fornire gas all’Europa attraverso il gasdotto critico Nord Stream 1, dopo un periodo di manutenzione di 10 giorni.
Tuttavia, ciò non è bastato a rassicurare i mercati azionari, con lo Stoxx Europe 600 regionale che ha perso lo 0,2%. In Asia, l’indice Hang Seng di Hong Kong ha perso l’1,5%. I contratti futures sull’indice S&P 500 di Wall Street sono scesi dello 0,2%. L’indice generale aveva chiuso in rialzo dello 0,6% mercoledì, mentre il Nasdaq Composite, che pesa sul settore tecnologico, aveva chiuso in rialzo dell’1,6% dopo che Netflix aveva rivelato di aver perso meno abbonati del previsto, trascinando in alto le altre piattaforme di streaming.
Articolo a cura di Ian Johnston, Financial Times
Traduzione a cura di Manuela Scognamiglio