Qualche settimana fa, ho avuto il piacere di conoscere Catia Bastioli, AD di Novamont. Chimica, ricercatrice, inventrice prolifica, imprenditrice illuminata, per riassumere il suo impressionante curriculum, la dr.ssa Bastioli ha risposto alle domande che sto ponendo a donne – e uomini – per costruire sul cosiddetto gender bias un quadro sfaccettato, e possibilmente non condizionato, in modo paradossale, dai miei stessi pregiudizi.
Il Documento di Economia e Finanza 2018 (sezione III) ha evidenziato che il tasso di immatricolazione femminile nell’area scientifica nell’anno accademico 2015/2016 è ancora basso: solo il 37,6% a fronte di una maggiore presenza generale nelle altre aree disciplinari. Secondo Bastioli, tuttavia, “la disparità di genere tra facoltà umanistiche e facoltà scientifiche sembra sia superata dai fatti. Stiamo infatti assistendo ad un progressivo aumento della presenza femminile nelle facoltà STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) ed in generale, guardando i dati, in Italia le donne si laureano prima e meglio degli uomini. Per quanto riguarda la questione occupazionale, tuttavia, laddove ci sono discriminazioni e illegalità, le donne subiscono molto di più e hanno maggiori difficoltà”.
In effetti, con riguardo, ad esempio, alla percentuale di donne impiegate nei settori dell’informatica e delle tecnologie in Italia, già molto bassa nel complesso – solo il 2,5% del totale degli occupati – sempre il DEF 2018 rileva che, secondo i dati Eurostat 2016, essa ammonta solo al 13,8%. Secondo il Documento, ciò è riconducibile essenzialmente ai pregiudizi di genere “che possono influenzare negativamente le scelte di carriera scolastica delle ragazze fin dai primi anni della scuola primaria e della scuola secondaria”.
“La mia esperienza mi ha comunque insegnato – osserva Bastioli – che passione e volontà permettono di superare molti ostacoli. L’Italia può vantare moltissimi talenti femminili, che ogni giorno si esprimono in ogni settore e disciplina, con livelli di qualità e di competenza estremamente elevati e che, con grande idealità e forte senso del progetto, contribuiscono allo sviluppo di imprese e organizzazioni”.
Ci sarebbe, dunque, una specificità nell’apporto femminile al mondo del lavoro e delle imprese, secondo Bastioli: “Io credo che le donne possano promuovere il necessario cambio di paradigma nei modelli di produzione e consumo grazie ad una visione ampia e lungimirante dei problemi meno legata alla carriera personale, con maggiore disponibilità al lavoro di team. Un approccio più adatto ad affrontare un mondo sempre più complesso ed in continua evoluzione. Per costruire un nuovo modello non si può prescindere dalla conoscenza delle tecnologie e in questo le facoltà scientifiche hanno un ruolo importante. Ma senza un’integrazione tra scienza, etica, filosofia e senza una profonda conoscenza dei meccanismi che regolano le società, si rischia di agire su un singolo aspetto del sistema creando perturbazioni crescenti e sempre meno gestibili. Ed è proprio in questo approccio multidisciplinare ed olistico che le donne potranno fare la differenza”.
Condivido queste considerazioni dell’imprenditrice che ha fatto dell’azienda novarese un modello avanzato di bioeconomia finalizzato alla rigenerazione del territorio ed in strettissima correlazione con la comunità. L’attenzione al pregiudizio di genere e al gender gap nell’accesso alle facoltà scientifiche e nelle carriere è ormai all’ordine del giorno, ma, secondo il già citato studio europeo “Women in the Digital Age”, sembra che, con particolare riferimento al settore ICT e digitale, “nonostante una maggiore consapevolezza e numerose iniziative, le donne continuano a dover fronteggiare significative sfide”.
E ciò sarebbe determinato principalmente dai pregiudizi inconsci, dal “tokenism” quale concessione solo simbolica di inclusione ai gruppi minoritari, dalla difficile conciliazione fra vita privata e lavoro.
Le norme sulle pari opportunità non sono sufficienti, e di questo le Istituzioni hanno acquisito certamente più ampia cognizione. Il processo è, infatti, più complicato e necessita di interventi pervasivi, spesso chirurgici, e di una lettura pure psicologica e sociologica che consenta di comprendere i bias e contrastarli all’origine. Perché, come detto, il punto è su quali basi e secondo quali opportunità, criteri, influenze del contesto sociale e familiare, suggestioni consce ed inconsce le bambine e le ragazze compiono scelte di studio e di vita spesso non rispondenti al loro reale talento o rinunciano precocemente alle loro ambizioni.
Oggi la filosofia, la letteratura, la cultura umanistica, riassumibili in quella A di Arts che si è orgogliosamente infilata nell’acronimo STEM, sono ritenute sempre più indispensabili per l’era digitale (ad esempio, quando pensiamo alle implicazioni etiche della robotica). Sono quasi certa, però, che se qualcuno avesse detto a me, quando al momento delle scelte temevo di non essere all’altezza, “puoi fare il medico” invece di “sei portata per il greco”, ora sarei medico.
Questa è un’esperienza che vivono, ancora nel 2018, molte giovani per le quali, probabilmente già dalla prima infanzia, bisogna moltiplicare le opzioni e incrementare e facilitare l’accesso a conoscenze e competenze trasversali, pure portando loro esempi e modelli di donne che ci hanno provato e ci sono riuscite.
Chiedo a Bastioli se la sua impresa attua o se ritiene sia necessario attuare politiche specifiche su questi temi e lei risponde nel modo in cui vorrei rispondesse ogni manager: “Al di là della questione di genere, il nostro Paese ha bisogno di capitale umano e di una formazione sempre più interdisciplinare e sistemica che comporti la contaminazione dei saperi, con ricerca e innovazione a livello dei territori per valorizzare la loro specificità. Siamo un’azienda fondata sull’innovazione e fortemente proiettata verso il futuro, e per questo da sempre investiamo in egual misura nella formazione di giovani donne e uomini provenienti da ogni facoltà, che siano in grado di prendere il nostro modello e di farlo proprio, con determinazione, costanza e impegno”.
Nessun pregiudizio, né alcuna discriminazione con riguardo al sesso o alla facoltà di provenienza. E però questa visione aperta, non convenzionale, multidimensionale appartiene ad una donna. Sarà un caso?
“il nostro Paese ha bisogno di capitale umano e di una formazione sempre più interdisciplinare e sistemica che comporti la contaminazione dei saperi”
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