Si teme che il progresso tecnologico porti a una società divisa in due: pochissimi che vivono dei suoi frutti, moltissimi che perdono il lavoro. Di qui l’idea che non sia sbagliato mettere alla porta oggi Uber, e domani chissà quale altra tecnologia che scardina vecchi meccanismi. Di qui la proposta di «tassare i robot», fatta propria pure da Bill Gates, per distribuire più equamente i benefici dell’innovazione.
A scanso di equivoci, pagare le tasse non è una cosa che facciano le macchine e neppure le aziende: è un’esclusiva degli esseri umani. Le conseguenze sono quindi le stesse che ci si può aspettare da qualsiasi inasprimento fiscale sull’impresa: si riducono i dividendi per gli azionisti o i salari degli impiegati o si alzano i prezzi per i consumatori.
L’imposta sui robot, nelle intenzioni di chi la propone, colpirebbe i profitti. Non è detto, però, che vada così.
Continua a leggere l’articolo su la stampa.it se sei abbonato