domenica, 04 Giugno 2023

La via della seta nel futuro iperconnesso del mondo

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Un treno, diciassette vagoni e trentaquattro container carichi di macchinari, mobili, prodotti in metallo, piastrelle e persino automobili, in viaggio dal polo logistico di Mortara in provincia di Padova, verso l’Hi-tech Park di Chengdu, capitale del Sichuan, regione centrale della Cina. Circa 10.800 km in meno di venti giorni. La nuova via della seta è arrivata anche in Italia. E non si fermerà qui.

Yi Dai Yi Lu. Letteralmente, “una cintura una strada”, poi inglesizzato in Belt and Road Initiative (BRI). È il più colossale progetto di investimenti e cooperazione internazionale mai avviato, lanciato dal presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jìnpìng nel 2013. Solo per dare un’idea di cosa stiamo parlando, può essere utile elencare un po’ di numeri: infrastrutture connettive come strade, ferrovie e porti per 6 corridoi di scambi commerciali, quattro terrestri e 2 marittimi, in grado di collegare l’Asia, La Russia, il Sud Est Asiatico, Il Medio Oriente, l’Africa e di giungere fino all’Europa. Sessantacinque Paesi, 4 miliardi di persone (più del 50% dell’intera popolazione del pianeta), un terzo del PIL mondiale. Secondo il sito AgiChina, dal 2013 ad oggi Pechino ha già investito nelle nazioni coinvolte circa 50 miliardi di dollari, generando oltre un miliardo di ricavi e 180 mila nuovi posti di lavoro a livello locale.

Le implicazioni geopolitiche sono evidenti. Il tessuto connettivo del pianeta continua ad estendersi, la rete di infrastrutture fisiche e virtuali collega ogni area del mondo, informazioni individui merci e capitali si spostano lungo le vie di comunicazione da un capo all’altro del globo, e in un quadro di relazioni internazionali che vede gli Stati Uniti ritirarsi in un nuovo isolazionismo, la Cina è pronta a sfruttare l’occasione per assumere il ruolo di potenza guida dell’economia globale. Una prospettiva che, però, non piace a tutti.

Occorre infatti registrare, oltre all’entusiasmo di chi vede nella possibilità di aprire nuove rotte commerciali con l’oriente occasioni di sviluppo e di crescita economica, anche i dubbi di tanti che invece guardano con sospetto alle intenzioni di Pechino. Il rischio è quello di cedere il totale controllo delle principali supply chain del pianeta ad un’unica ed incontrastabile potenza economica. Un disequilibrio foriero di dinamiche internazionali potenzialmente incontrollabili. La Cina è consapevole delle difficoltà, e per questo ha messo in piedi un colossale (tutto è gigantesco quando si parla di questa nazione) progetto di propaganda rivolto all’Occidente, che si pone l’obiettivo di rassicurare, e di chiarire meglio qual è lo scopo ultimo del progetto: la cooperazione internazionale utilizzata come base di una migliore governance globale. “È stata proposta dalla Cina, ma non è un assolo della Cina. Un’analogia migliore è quella di una sinfonia suonata da un’orchestra composta di tutti i Paesi che vi partecipano”, come ha tenuto a sottolineare lo stesso governo di Pechino. Anche il nome scelto – come dicono Simone Pieranni e Giada Messetti nel loro (consigliatissimo) podcast Risciò – la nuova via della seta, serve a rievocare un passato di avventurose rotte commerciali che collegavano l’Oriente all’Occidente, e richiama alla mente paesaggi esotici, città storiche come Samarcanda, personaggi leggendari come Marco Polo. C’è l’impegno di Xi Jìnpìng negli incontri internazionali. Ed infine, il soft power: sfruttando le moderne tecnologie dell’informazione, Pechino inonda l’Occidente di video virali con l’obiettivo di trasmettere la parola amicizia come la chiave per capire il ruolo che la Cina vuole svolgere nel mondo.

Ora, al di là degli argomenti che vengono usati dalla propaganda di stato cinese, appare evidente come il progetto della nuova via della seta stia perfettamente nel solco dell’evoluzione storica delle relazioni internazionali, incluse anche le potenziali tensioni tra paesi diversi. Come sottolinea Parag Khanna nel suo Connectography, l’asse degli equilibri del pianeta si sposta, dal confronto verticale tra Stati-nazione al rapporto orizzontale tra città e aree economiche lungo le rotte commerciali e le infrastrutture connettive. E maggiore è la cooperazione internazionale, volta ad assecondare le tendenze già da tempo in atto che portano a stringere le connessioni (e non ad interromperle), e maggiore è la possibilità di raggiungere una governance globale capace di garantire più equilibrio e più duraturi periodi di pace. Per questo la BRI è così importante, ed è così importante per i paesi dell’Ovest del mondo esserci. Da quella cintura passa il futuro del pianeta.

 

di Alessandro Fiorenza

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