Seduto alla scrivania del suo ufficio nel campus del Cold Spring Harbor Laboratory, il neuroscienziato Tony Zador ha girato il suo monitor del computer verso di me per mostrarmi un complicato grafico a matrice. Immagina qualcosa che assomigli ad un foglio di calcolo, ma al posto dei numeri è pieno di colori di diverse tonalità e gradazioni. En passant mi ha detto: “Quando dico alla gente che ho scoperto la connettività di decine di migliaia di neuroni e gli mostro questo, loro semplicemente mi dicono: “eh?”. Ma quando mostro questo alla gente…”. Clicca su un pulsante dello schermo e spunta un modello trasparente e tridimensionale del cervello pieno di nodi e linee, troppo numerose per contare.
Quello che Zador mi ha mostrato è una mappa dei 50.000 neuroni della corteccia cerebrale di un topo. Indica dove si trovano i corpi cellulari di ogni neurone e dove mandano le lunghe diramazioni degli assoni. Una mappa neurale di queste dimensioni e dettagli non è mai stata realizzata prima. Rinunciando al metodo tradizionale di mappatura del cervello che coinvolge la marcatura dei neuroni con la fluorescenza, Zador ha adottato un approccio insolito che si basava sulla lunga tradizione della ricerca di biologia molecolare a Cold Spring Harbor. Ha usato bit di informazioni genomiche per conferire una sequenza RNA univoca, un codice a barre ad ogni singolo neurone. Ha poi diviso alcune parti del cervello in cubetti spessi come fossero dei pezzi di torta e li ha inseriti in un sequenziatore del DNA. Il risultato: un rendering 3D di 50.000 neuroni nella corteccia della cavia (con tanti altri da aggiungere presto) mappati con una risoluzione a singola cella.
Questa tecnica, denominata MAPseq (Multiplexed Analysis of Projections by Sequencing), può essere utilizzata per trovare nuovi tipi di cellule e schemi di proiezione mai osservati prima. Il documento ha inoltre dimostrato che questo nuovo metodo di mappatura high-throughput è estremamente competitivo in accuratezza con la tecnica fluorescente, che è l’attuale gold standard ma funziona meglio con un piccolo numero di neuroni.
Lo stato dell’arte per la mappatura del cervello al momento è rappresentato dall’Allen Brain Atlas, ed è noto come un atlante di connettività di massa perché traccia le note sottopopolazioni di neuroni e le loro proiezioni come gruppi. È stato molto utile per i ricercatori, ma non è in grado di distinguere le sottili differenze all’interno dei gruppi o delle sottopopolazioni neuronali.
Secondo Zador, la mancanza di conoscenza di alcuni circuiti neurali è in parte la causa del perché non sono stati compiuti ulteriori progressi nel trattamento dei disturbi psichiatrici, e perché l’intelligenza artificiale non è ancora così intelligente.
L’ispirazione per MAPseq arrivò a Zador quando apprese un’altra tecnica di mappatura del cervello chiamata Brainbow. Originario del laboratorio di Jeff Lichtman dell’Università di Harvard, questo metodo ha etichettato geneticamente fino a 200 singoli neuroni simultaneamente usando diverse combinazioni di coloranti fluorescenti. I risultati furono un tableau allettante e multicolore di neuroni color neon che mostrava, in dettaglio, la complessa mescolanza di assoni e corpi di cellule di neuroni. Questo lavoro pionieristico ha dato la speranza che la mappatura del connettoma – il piano completo delle connessioni neurali nel cervello – potrebbe essere presto una realtà. Sfortunatamente, una limitazione della Brainbow è che attraverso un microscopio, gli sperimentatori potevano arrivare a vedere solo da cinque a 10 colori distinti, che non era abbastanza per penetrare il groviglio di neuroni nella corteccia e mappare molti neuroni contemporaneamente.
Fu allora che la lampadina si accese nella testa di Zador. Si rese conto che la sfida dell’enorme complessità del connettoma poteva essere domata se i ricercatori potessero sfruttare la crescente velocità e i costi in diminuzione delle tecniche di sequenziamento genomico ad alto rendimento. “È quello che i matematici chiamano: ridurlo ad un problema risolto in precedenza”, ha spiegato.
In MAPseq, i ricercatori iniettano in un animale virus geneticamente modificati che portano una serie di sequenze di RNA conosciute, o “codici a barre”. Per una settimana o più, i virus si moltiplicano all’interno dell’animale, riempiendo ogni neurone con una combinazione particolare di quei codici a barre. Quando i ricercatori tagliano il cervello in sezioni, i codici a barre dell’RNA possono aiutarli a localizzare i singoli neuroni da diapositiva a diapositiva.
Seicento neuroni è un inizio modesto rispetto alle decine di milioni nel cervello di un topo. Ma è un numero ampio per lo scopo specifico che i ricercatori avevano in mente: stavano cercando di discernere se esiste una struttura per il modello di cablaggio del cervello che potesse dare informazioni sulla sua funzione. Una teoria attualmente popolare è che nella corteccia visiva, un singolo neurone raccoglie un particolare bit di informazione dall’occhio – sul bordo di un oggetto nel campo visivo, o un tipo di movimento o di orientamento spaziale, per esempio. Il neurone invia quindi un segnale ad una singola area, corrispondente nel cervello, specializzata nell’elaborazione di quel tipo di informazioni.
Per testare questa teoria, il team ha prima mappato una manciata di neuroni nei topi in modo tradizionale inserendo una colorazione fluorescente geneticamente codificata nelle singole cellule. Quindi, con un microscopio, hanno tracciato come le cellule si estendevano dalla corteccia visiva primaria (l’area del cervello che riceve input dagli occhi) ai loro endpoint in altre parti del cervello. Hanno scoperto che gli assoni dei neuroni si ramificavano e inviavano informazioni in molte aree contemporaneamente, ribaltando la teoria della mappatura uno-a-uno.
Successivamente, hanno chiesto se ci fossero dei pattern per queste proiezioni. Hanno usato MAPseq per tracciare le proiezioni di 591 neuroni mentre si diramavano e innervavano più bersagli. Ciò che osservava il team era che la distribuzione degli assoni era strutturata: alcuni neuroni inviavano sempre assoni alle aree A, B e C, ma mai a D ed E, per esempio.
Questi risultati suggeriscono che il sistema visivo contiene un livello vertiginoso di cross-connettività e che lo schema di tali connessioni è più complicato di un mapping one-to-one. “Le aree visive più elevate non ricevono solo informazioni che sono specificamente su misura per loro”, ha detto Kebschull. Invece, condividono molti degli stessi input, “quindi i loro calcoli potrebbero essere legati l’uno all’altro”.
Tuttavia, il fatto che alcune cellule proiettino su aree specifiche significa anche che all’interno della corteccia visiva ci sono cellule specializzate che non sono state ancora identificate. Kebschull ha detto che questa mappa è come un progetto che consentirà ai ricercatori successivi di capire cosa stanno facendo queste cellule. “MAPseq ti consente di mappare l’hardware. … Una volta che conosciamo l’hardware, possiamo iniziare a guardare il software, o come avvengono i calcoli “, ha detto.
Sarà quindi più facile mappare e confrontare le vie neurali di un gran numero di cervelli. Studi su condizioni come la schizofrenia e l’autismo che si pensa derivi da differenze nel cablaggio cerebrale hanno spesso frustrato i ricercatori perché gli strumenti disponibili non catturano abbastanza dettagli delle interconnessioni neurali. È concepibile che i ricercatori saranno in grado di mappare modelli di topi di queste condizioni e confrontarle con cervelli più tipici, scatenando nuovi cicli di ricerca. “Molti disturbi psichiatrici sono causati da problemi a livello di circuito”, ha dichiarato Hongkui Zeng, direttore esecutivo della divisione scientifica strutturata presso l’Allen Institute for Brain Science. “Le informazioni sulla connettività ti diranno dove cercare.”
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Traduzione di Alessia Boragine