sabato, 25 Marzo 2023

La maggioranza giallo-verde alla prova del bilancio

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Dopo un percorso a ostacoli, è finalmente stata approvata al fotofinish la legge di previsione del Bilancio 2019. La sua approvazione ha provocato animate proteste da tutte le opposizioni, un botta e risposta fatto a colpi di dichiarazioni e di post sui social. A essere contestati sia il contenuto della legge -, anche il tanto promesso reddito di cittadinanza – sia il processo con cui è stata approvata, con sedute fiume e voti di fiducia che secondo le opposizioni hanno impedito una discussione democratica. Anche gli industriali, attraverso la voce del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, hanno voluto più volte segnalare l’inadeguatezza della manovra rispetto alle loro esigenze e alla crescita dell’Italia. Da ultimo non si può non ricordare l’iter complicato dal braccio di ferro tenuto con l’Europa sul deficit del paese: quel 2,4% diventato dopo un lungo tira e molla un 2,04%. Uno zero, un inciso all’apparenza innocuo, che significa tuttavia miliardi in meno da poter investire nella “manovra del popolo”.

È con questo clima di dichiarazioni continue e incrociate da ogni parte che aveva preso il via la discussione della previsione di Bilancio 2019 in Commissione V Bilancio della Camera dei Deputati. Per analizzarla, si è scelto di prendere come elementi di paragone le discussioni in commissione delle due precedenti previsioni di Bilancio (2018 e 2017).

Una maggioranza di ferro ma tempi lunghi

In Commissione il governo giallo-verde ha potuto contare su una netta maggioranza. Rispetto alla Commissione della legislatura precedente era più marcato il distacco con l’opposizione: se nella XVII legislatura il governo a guida PD aveva potuto avvalersi di un’esigua superiorità, ridotta in alcuni momenti a un solo rappresentante (50,98%), adesso il binomio Lega – M5S può avvalersi di almeno due effettivi in più, blindando di fatto il passaggio in commissione (54,35%).

Eppure all’apparenza questa maggioranza netta non si è concretizzata in un numero elevato di emendamenti approvati. Infatti, rispetto alle precedenti leggi di Bilancio, in questa se ne è registrata una drastica riduzione, dai 261 del 2017 al record degli oltre 500 del 2018, fino ad arrivare ai soli 172 del 2019, a fronte di un numero enorme, forse più di 700, di emendamenti presentati.

Da questi dati sembrerebbe in parte evidenziarsi come il governo abbia usato la sua maggioranza di ferro per impedire l’intrusione di emendamenti da partiti esterni alla maggioranza, piuttosto che farne approvare di propri. Eppure i dati sugli emendamenti approvati descrivono anche un altro scenario: i risultati percentuali per maggioranza e opposizione mostrano una continuità perfetta con i risultati precedenti. Sempre sopra il 70% gli emendamenti approvati promossi dalla maggioranza e sempre poco meno del 30% i sostenuti dall’opposizione.

Un dibattito che si è protratto a lungo, forse più di quanto i pochi emendamenti approvati e la bocciatura di tutti gli altri avrebbero richiesto. Un tempo di ben 25 giorni, superiore di una settimana ai dibattiti in Commissione dei precedenti bilanci.

Il protrarsi della discussione potrebbe essere stato causato da una maggiore difficoltà a trovare sui vari emendamenti presentati un accordo soddisfacente tra i due gruppi al governo. Si è evidenziata quindi una differenza tra i due superiore a quanto in genere dichiarazioni e commenti fanno supporre.

La forza della Lega e il ruolo del Governo.

Approfondendo l’analisi e andando a guardare meglio i dettagli degli emendamenti approvati si scoprono altri dati interessanti. La base di partenza è la composizione politica della Commissione: qui la maggioranza è composta dai 16 elementi del M5S e dai 9 della Lega. Il PD e FI ne detenevano 8 a testa, mentre altri 5 sono distribuiti tra i gruppi minori. Si capisce quindi il potere che potenzialmente ha il M5S con il suo 34,8% contro il 19,6% della Lega e il 17,4% ciascuno di PD e FI.

 

Questo avrebbe potuto far supporre che il M5S sia anche il principale promotore degli emendamenti approvati, così come avvenuto nelle discussioni dei bilanci degli anni precedenti dove il PD con il 45,10% in Commissione (ma con una maggioranza totale più risicata) ha una percentuale di proprie proposte approvate oscillante tra il 64 e il 68%. Nel 2019 questo dato si è ribaltato. Infatti in Commissione la maggioranza dei firmatari degli emendamenti approvati (al netto di quelli presentati da Governo e relatore) era della Lega, che superava il 40%, riducendo di molto quelli del M5S (29,4%). Il dato è sorprendente, ma può essere giustificato con un fattore importante: a presiedere la Commissione c’è Claudio Borghi, influente consigliere economico del carroccio e spesso non del tutto in linea con il governo. Seppur mai come firmatario, la sua influenza non può non aver pesato sulle votazioni.

 

Ultimo dato interessante che emerge dall’analisi è stato l’utilizzo notevole di emendamenti presentati dal Governo e dal relatore: nei bilanci precedenti non erano mai stati raggiunti questi livelli. Sempre sotto il 20% nei due anni precedenti, con il primo bilancio giallo-verde si scavalla abbondantemente il 35%.

 

Gli emendamenti governativi approvati, con il loro 13,37%, possono far pensare alla necessità di ritocchi continui in corso d’opera su una legge non del tutto rifinita in sede ministeriale. Interessante il profilo del relatore: il giovanissimo altoatesino ventisettenne Raphael Raduzzi, che ha preso il posto in commissione di Laura Castelli diventata in giugno sottosegretaria all’Economia. L’esponente del M5S sicuramente incarna, con i suoi interventi, il volere del movimento e quindi del Governo stesso.

Posizioni differenti e complementari

Si potrebbe facilmente pensare che la Lega, con la sua decantata forza ed esperienza, sia riuscita a far approvare un numero di di emendamenti superiore ai propri numeri riuscendo a ingannare l’alleato di governo. Non è così semplice, e per dimostrarlo basta guardare con maggiore lucidità contesto e strategie.

Il M5S sta giocando la sua partita più importante, e lo fa da una posizione dominante, sente suo il “governo del cambiamento”. Volendo quindi far percepire questa perfetta identità tra governo e movimento all’esterno, può aver deciso di utilizzare il governo e il relatore (membro dei 5S) per assorbire quanto avrebbero presentato i singoli membri. In pratica, un uomo solo portavoce di tutto il movimento: questo giustificherebbe anche la superfetazione degli emendamenti di Governo e relatore, gonfiati dagli emendamenti dei 5S.

Al contrario la Lega non avrebbe ora alcun vantaggio a passare come parte di un unico calderone, in un’alleanza in cui comunque rimane membro di minoranza. Più utile mantenere adesso, nel positivo trend elettorale sancito dai numerosi sondaggi, una posizione defilata segnando indipendentemente le singole vittorie anche nella stessa Commissione Bilancio.

 

di Giorgio Galeazzi

[dt_quote]Dall’esame degli emendamenti approvati in Commissione V Bilancio alla Camera dei Deputati emergono i continui ripensamenti e aggiustamenti da parte del Governo e dei relatori. La Lega guidata da Claudio Borghi, presidente della Commissione, gioca il ruolo del leone.[/dt_quote]
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