Bias cognitivo, secondo la definizione originale fornita da Amos Tversky e Daniel Kahneman nei primi anni ‘70, sta ad indicare la tendenza del cervello umano a utilizzare un numero limitato di euristiche (scorciatoie mentali) piuttosto che complessi e sofisticati processi razionali. Nella storia del progresso umano, sono stati tanti gli elementi costretti a piegarsi alle facilitazioni dovute ai Bias cognitivi;
basti pensare alla convinzione, fino a qualche secolo fa, che la Terra fosse piatta e che il sistema solare (Sole compreso) girasse intorno ad essa. Il Bias, in questo caso, è dovuto semplicemente al fatto che il nostro occhio, fissando l’orizzonte del mare ad esempio, o fissando una radura distesa, non vede una sfera, ma soltanto una vastità piatta.
Se la forma del pianeta su cui abitiamo è stata oggetto di dibattito (e, tristemente, per alcuni è ancora oggetto di dibattito), quanta disinformazione può scaturire da un gas serra, quindi da un responsabile del tanto temuto “effetto serra”, prodotto dalle altrettanto odiate multinazionali dell’industria del consumo?
La risposta viene fornita dai Media quasi quotidianamente, impegnati a sponsorizzare una visione “mainstream” che più che scientifica ricorda una canzone di facile consumo, creata per spingere al massimo il numero di visualizzazioni e di ascolti in un lasso di tempo ridotto, ma che sarà destinata a “morire” giovane.
La visione anti-progresso legata alla CO2 è ormai nota, così come l’autostrada verso la decarbonizzazione che l’Europa ha da poco intrapreso, volta ad abbattere le emissioni di CO2, credendo così di combattere il riscaldamento globale.
La CO2, o più specificatamente anidride carbonica, è un gas indispensabile per la vita umana e per la fotosintesi, ed è già presente in atmosfera in ragione del suo ciclo naturale; senza di essa la temperatura media del pianeta non sarebbe di +15° ma di -18°, e la Terra quindi non sarebbe in grado di ospitare la vita.
Nonostante ciò, il processo causale alla base della transizione energetica entro il 2050 è così semplice da risultare quasi irritante: le industrie producono CO2, che è un gas serra, la temperatura globale si sta alzando a causa dell’effetto serra, e dato che la CO2 è prodotta dalle industrie basterà abbattere le emissioni antropiche, e salveremo la Terra dal riscaldamento globale.
Ignorando tutte le inesattezze alla base di questo processo, come ad esempio il fatto che l’effetto serra sia composto per il 75% da vapore acqueo e non da CO2, o che la temperatura media non si sia sempre alzata all’unisono con le emissioni di CO2 dall’inizio della rivoluzione industriale ad oggi, basterebbe un piccolo esempio a rendere chiaro quanto poco l’uomo abbia compreso del concetto: pochi mesi fa, precisamente il 14 Settembre 2019, Greenpeace ha riunito circa 15.000 persone in occasione del Salone di Francoforte, al grido di “Make Love, Not CO2”, indicando la produzione automobilistica come una delle maggiori fonti della tanto temuta quanto vitale anidride carbonica. Il ragionamento era molto semplice, per non dire semplicistico: se le auto emettono una dose rilevante di CO2, basta eliminare la produzione di auto e il problema è risolto. Sfortunatamente, le cose sono molto più complicate. Chiaramente, se decidessimo di fermare la produzione di auto, continueremmo ad emettere CO2, ma in compenso avremmo eliminato una delle colonne portanti della nostra economia.
Le solidissime convinzioni di Greenpeace, da sempre poco incline a opporsi al Bias cognitivo, si sgretolano con evidente facilità: le auto vendute oggi emettono intorno a 100/130 gr/km di CO2, arrotondiamo a 150, per eccesso, e percorrono circa 20.000 km annui. Il totale che ne esce corrisponde a 250 milioni di tonnellate di CO2, ossia un ventesimo (1/20) di quella denunciata da Greenpeace, che indicava Il settore automobilistico, con 86 milioni di auto vendute nel 2018, come responsabile di 4.8 gigatonnellate (Gt). Il “settore automobilistico” inoltre sono tutte le auto in circolazione, circa 1,3 miliardi, le cui emissioni possono essere effettivamente nell’ordine di alcune Gt. Il problema è che queste macchine ormai sono già nelle mani degli automobilisti, che non vengono menzionati da Greenpeace. Difatti, come dice Pierluigi Del Viscovo, Greenpeace non va a manifestare al casello della tangenziale alle 8,30 del mattino, perché gli automobilisti li falcerebbero.
Più semplicemente, il Bias cognitivo porta a voler perseguire l’estinzione di un pilastro dell’economia senza davvero intaccare le emissioni di CO2. Portato su più larga scala, la transizione energetica punterà, come si è detto, all’eliminazione di tutti i pilastri dell’economia poggiati sulla produzione industriale a base di CO2, grazie al fatto che il nostro cervello, sempre (forse) in buona fede, semplifica il discorso legato al riscaldamento globale e indica finalmente una vittima e un carnefice. Ma la scienza, quella vera, parla chiaro: non esiste una vittima, né un carnefice, ma esiste un pianeta che, se dovesse valutare il nostro impatto su di esso tramite le sole emissioni di CO2 legate ai paesi che hanno accettato la transizione, probabilmente oggi non sarebbe ancora consapevole del fatto che noi lo abitiamo.
Carlo Minopoli