domenica, 04 Giugno 2023

INTELLIGENZA ARTIFICIALE. IL PRIMO MITO DA SFATARE

Da non perdere

Kevin Kelly dice che i più frequenti argomenti contro l’Intelligenza Artificiale sono dei miti privi di fondamento. Oggi e nelle prossime settimane scopriremo insieme perché.


 

L’inganno più comune sull’intelligenza artificiale nasce dall’errore più frequente sull’intelligenza naturale.

È un malinteso che si genera perché pensiamo che l’intelligenza sia monodimensionale e riproducibile in grafici lineari, precisi e di ampiezza crescente. Se così fosse, sul lato basso del grafico verrebbe rappresentata l’intelligenza sotto la media, di un piccolo animale ad esempio, e dal lato opposto invece l’intelligenza sopra la media, quella di un genio per intenderci. Questa rappresentazione ci fa immaginare l’estensione e la luminosità dell’intelligenza come un crescendo continuo, che potrebbe anche superare la nostra intelligenza e persino uscire fuori dal grafico. Questo modello è come una scala dove ogni incrocio di intelligenza è di un passo superiore a quello precedente. Gli animali inferiori si trovano sui gradini al di sotto di noi, mentre le A.I. di intelligenza superiore si troverebbero inevitabilmente sui gradini più alti, superandoci. In questo sistema non è importante la scala temporale, ciò che conta è la classifica, la metrica di una crescente intelligenza.

Il problema con questo modello è che è mitologico, così come lo è la scala dell’evoluzione e fornisce una visione completamente antiscientifica.

Un grafico più preciso dell’evoluzione naturale della specie potrebbe ispirarsi al modello, basato sul DNA, inventato da David Hillis all’Università del Texas. Il grafico ha la forma di un disco che al centro ha le forme di vita primordiali e poi, irradiandosi verso l’esterno si ramifica in ordine temporale di modo che le più recenti specie viventi costituiscano il perimetro della circonferenza di questo cerchio. Questo modello pone l’attenzione su un concetto fondamentale dell’evoluzione che è spesso difficile apprezzare: ogni specie vivente ha lo stesso grado di evoluzione. Gli esseri umani si trovano infatti sull’anello esterno accanto a scarafaggi, vongole, felci, volpi e batteri. Ognuna di queste specie è stata sottoposta ad una catena ininterrotta di tre miliardi di anni di riproduzione riuscita, il che significa che i batteri e gli scarafaggi oggi sono evoluti allo stesso modo degli esseri umani. Non c’è nessuna scala.

Allo stesso modo, non c’è una scala d’intelligenza. L’intelligenza non ha una singola dimensione, è un complesso di molti tipi e modalità di cognizioni che formano un continuum. Prendiamo un compito molto semplice: misurare l’intelligenza animale. Se l’intelligenza avesse un’unica dimensione, dovremmo organizzare le intelligenze di un pappagallo, un delfino, un cavallo, uno scoiattolo, un polipo, una balena blu, un gatto e un gorilla riportandole su una linea nel corretto ordine ascendente. Attualmente però non abbiamo alcuna prova scientifica che tale linea esista. Uno dei motivi è che forse non esiste nessuna differenza tra le intelligenze animali, ma noi non ci accorgiamo neanche di questo. La zoologia è piena di importanti differenze su quanto pensano gli animali. Non è che forse tutti hanno una stessa, relativa “intelligenza generale”? Potrebbe essere, ma non abbiamo nessuna misurazione, nessuna metrica per valutare quella intelligenza. Invece abbiamo molte metriche differenti per molti tipi diversi di cognizione.

Invece di pensare all’intelligenza come se fosse misurabile, si potrebbe usare un modello basato sul suo spazio di probabilità, come il rendering dello spettro di probabilità teistica dell’algoritmo scritto da Richard Dawkins. L’intelligenza è un continuum combinatorio. I nodi multipli – ogni nodo con un suo continuum – creano complessi di elevata diversità ad alte dimensioni. Alcune intelligenze possono essere molto complesse, con molti sottonodi di pensiero. Altri possono essere più semplici ma più estremi. Questi complessi che chiamiamo intelligenze potrebbero essere considerati come sinfonie che comprendono molti tipi di strumenti. Essi variano non solo in volume, ma anche in passo, melodia, colore, tempo e così via. Potremmo pensare a loro come ad un ecosistema. E in questo senso, i diversi nodi che compongono il pensiero sono codipendenti e cocreati e sono suite di cognizione che variano tra individui e tra specie. Uno scoiattolo può ricordare l’esatta posizione di parecchie migliaia di ghiande per anni, un’attività che la mente umane non riesce a fare, e ci sono molte altre esperienze specifiche di cognizione nel regno animale che sono superiori agli esseri umani.

Lo stesso accade all’Intelligenza Artificiale. Le menti artificiali già superano gli esseri umani in alcuni casi. La calcolatrice è un genio in matematica, la memoria di Google è già superiore alla nostra. Noi invece siamo Intelligenze Artificiali che eccellono in alcuni aspetti specifici, in cose che possiamo fare ma che potremmo fare meglio, come calcolare una probabilità o in matematica. Ci sono poi pensieri che non possiamo fare come memorizzare ogni singola parola su sei miliardi di pagine web, una funzione che qualsiasi motore di ricerca invece ha anche se  non diamo di certo a Google dell’A.I. sovrumana. Queste complesse A.I. saranno certo in grado di superarci in molti casi, ma nessuna entità farà tutto quello che facciamo meglio.

Anche se l’organizzazione dell’intelligenza in un’A.I. è più complessa, non riusciamo a farne una misurazione scientifica. Non abbiamo buone metriche operative di complessità che potrebbero determinare se un cetriolo è più complesso di un Boeing 747, o come le loro complessità potrebbero differire. Questo è uno dei motivi per cui non abbiamo buone metriche per l’intelligenza. Sarebbe molto difficile accertare se la mente A sia più complessa della mente B e per la stessa ragione dichiarare se la mente A è più intelligente della mente B. Presto arriveremo alla evidente consapevolezza che “l’intelligenza” non è una singola dimensione. E quello che ci interessa veramente sono i molti altri modi in cui opera l’intelligenza – tutti gli altri nodi di cognizione che non abbiamo ancora scoperto.

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