Nei racconti fatti dalla stampa sembra quasi assumere un ruolo minore nonostante sia una potenza demografica ed economica, tra le colonne portanti dei BRICS. Stiamo parlando dell’India: l’oggetto misterioso della geopolitica. Indubbiamente l’essere membro storico del Movimento dei Paesi non allineati ha consentito a Delhi di tenersi lontana da ogni alleanza formale, ma le nuove dinamiche della geopolitica dell’Indo-pacifico stanno alterando equilibri pregressi.
L’incognita indiana
Tuttavia, l’equidistanza indiana è stata inevitabilmente messa a dura prova dal conflitto russo-ucraino; in tale ottica vanno osservati due recenti episodi. Da un lato il recente vertice del Quad – il gruppo di consultazione tra Australia, Giappone, India e Stati Uniti – in cui è stata riaffermata la grande attenzione americana al quadrante asiatico, soprattutto in chiave anticinese, oltre a certificare la primazia degli Stati Uniti come primo partner commerciale dell’India.
Dall’altro il legame speciale, all-weather partnership con la Russia soprattutto nel settore della difesa, con buona pace degli Stati Uniti e degli interrogativi della BBC, continua a resistere con l’arrivo di nuove commesse che rafforzeranno «l’85 % di armi, equipaggiamenti e mezzi delle forze armate indiane» proprio di origine russa.
Per tali ragioni l’India – fra i 13 Paesi astenuti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel voto sulla protezione dei civili in Ucraina – appare come una specie di anomalia tra le democrazie del mondo, soprattutto quando si tratta di guerra. Come segnala l’ex segretario generale della Farnesina, Michele Valensise, è una potenza in erba in equilibrio fra vincoli e opportunità.
L’accurato cinismo con cui New Delhi coltiva i propri rapporti e interessi economici la rendono una potenza estremamente corteggiata, capace di incassare ampi dividendi energetici (lato russo) e strategici (lato statunitense – europeo).
Il particolare status dell’India
La difficoltà nel collocare l’India in una determinata sfera d’influenza deriva non solo da precise scelte storiche e geopolitiche, ma dal suo particolare status. Infatti, gli indicatori economici e demografici la inquadrano come una grande potenza la cui proiezione si esercita non solo dal punto di vista militare, ma soprattutto dal consumo di materie prime. L’India è il terzo consumatore di energia al mondo, dopo Cina e Stati Uniti, la cui sicurezza energetica è strettamente legata al settore petrolifero e al gas, laddove però una percentuale significativa – nonostante le volontà del Governo Modi – è vincolata alle importazioni.
Nei prossimi decenni l’India vedrà aumentare la domanda di energia, più di qualsiasi altro Paese, il fabbisogno energetico crescerà tre volte la media globale e, secondo il direttore dell’IEA Fatih Birol, «le scelte fatte dal governo indiano influenzeranno il mondo intero. L’India è oggi in grado di aprire la strada a un nuovo modello di crescita inclusiva a basse emissioni di carbonio. Il centro nevralgico del cambiamento climatico è ciò che fanno i paesi in via di sviluppo e tutte le strade passano attraverso l’India».
Le grane del grano
Il peso specifico di Nuova Delhi non si esercita solamente nel consumo di materie prime, ma anche in un altro asset, di cui si sta discutendo molto in questi giorni: il grano.
L’India, infatti, è il terzo produttore dopo Unione europea e Cina, ma la fortissima ondata di calore che ha investito il Paese, mettendo in crisi le coltivazioni, ha spinto il governo a decretare il blocco dell’export facendo schizzare i prezzi. Anche in una situazione di grandissima emergenza, soprattutto da un punto di vista del mercato interno, il Governo continua con esercizi di grande equilibrismo, come dimostrano le dichiarazioni di Bvr Subrahmanyam, Sottosegretario al Commercio del governo indiano, secondo il quale «la decisione di bloccare l’export del grano non è definitiva e può essere rivista. Si tratta solo di una correzione, non un cambio di linea rispetto ai precedenti orientamenti del governo indiano, e che non intende creare problemi ai mercati».
La prudenza indiana non è frutto solamente di strategia, ma dalla necessità di fronteggiare una spirale inflazionistica che sta investendo l’intera economia, interessando in particolare sia il settore energetico – estremamente dipendente dalle importazioni – che quello del grano – gravato dal blocco dei porti ucraini e dal costo dei fertilizzanti. Non deve perciò sorprendere la volontà del governo Modi di aggirare le sanzioni occidentali mediante un sistema di interscambio rublo-rupia che consentirebbe di acquistare a prezzi estremamente convenienti l’energia dalla Russia. Una decisione che scontenterà gli altri alleati atlantici ma, come spesso capita, il meglio è nemico del bene.