sabato, 25 Marzo 2023

Il Cipe su Tempa Rossa: quando l’ideologia vince sulla realtà

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La decisione di bloccare il progetto Tempa Rossa, presa alcuni giorni fa dal CIPE, è più inquietante dell’eterna discussione in corso sulla Tav. Le motivazioni e le procedure che hanno bocciato la “pubblica utilità” dell’opera sono quantomeno discutibili, innanzitutto perché il progetto Tempa Rossa doveva essere concluso da un bel pezzo, e i ritardi che si sono accumulati nel tempo sono dovuti tutti ed esclusivamente ad impedimenti, sospensioni, richieste di documenti, studi, analisi, modifiche progettuali della parte pubblica (Stato, Regione, Comuni interessati) o blocchi giudiziari (inchieste, indagini, sospetti, verifiche amministrative). Tutti finiti, sempre e irrimediabilmente, in nulla di fatto e scagionamenti totali di avvisati, indagati e sospettati.

Né si può sostenere che il progetto sia discutibile per ragioni ambientali. Dal 2001, anno di presentazione del progetto Tempa Rossa, si è perso il conto di valutazioni di impatto ambientale, conferenze di servizi, dibattiti, confronti, modifiche progettuali, adeguamenti alle richieste ambientali dei soggetti pubblici. Non c’è più contestazione ambientale possibile. E infatti non ne viene avanzata alcuna. Anche perché il petrolio estratto in Basilicata arriverà nei punti di raccolta logistica non su strada, ma con nuovi oleodotti, quindi con vantaggi enormi ambientali e di sicurezza.

E allora?

Si dirà: forse è un’opera che costa troppo. Macchè! Tant’è che, a differenza della Tav, su Tempa Rossa nessuno chiede verifiche costi-benefici. I contestatori dell’opera perderebbero alla grande. Il valore economico dell’opera è, infatti, di evidenza solare per lo Stato e per i conti pubblici (oltre che, ovviamente, per l’occupazione, gli investimenti e lo sviluppo delle aree interessate): solo entrate fiscali in più per la vendita all’estero dell’oil&gas lucano. Quindi, non c’entra l’ambiente e i benefici economici sono enormi. Qualcuno potrebbe dire che l’opera costa troppo allo Stato. Sbagliato. Gli investimenti sono tutti privati. Della Total Spa che costruirà l’opera, con investimenti enormi. Perché il “campo oli di Tempa Rossa” non è solo la costruzione di un impianto per l’estrazione, la liquefazione e il trasporto del gas. Ma è un’opera grandiosa che prevede progetti di ricerca e sviluppo, ambientali, di assetto infrastrutturale e geologico.

Insomma non c’è obiezione possibile, di merito, a Tempa Rossa. Per cui scatta l’obiezione “ideologica”, per la prima volta sancita negli atti su un’opera pubblica valutata, giudicata, autorizzata e avviata da quasi 20 anni. La decisione del Cipe che nega “la proroga di pubblica utilità” al progetto viene accolta dai decisori come “un altro tassello messo a segno”: il Governo “non ritiene il petrolio di interesse strategico nazionale”. Dunque: non ci sono motivi concreti, ambientali, economici, giudiziari e di costi-benefici. Niente di niente. C’è solo un pregiudizio ideologico, che però pagheremo noi cittadini. Perché dovremo importare più petrolio dall’estero, a costi doppi o tripli per la nostra bilancia dei pagamenti. Far credere che fermando Tempa Rossa noi usciremo dai combustibili fossili è semplicemente non vero. Il petrolio dovremo continuare ad utilizzarlo, pagandolo di più e rinunciando ai benefici di sfruttare le riserve nazionali. Valorizzando, con i nostri soldi, le riserve nazionali di altri Stati, a partire da quelli confinanti (che magari estraggono dal Mediterraneo o da filoni di giacimenti petroliferi di vaste aree del sottosuolo mediterraneo, collegati alle riserve del sottosuolo lucano).

Ideologia portami via

Così, con un colpo di penna dettato solo da furore ideologico, il Cipe cancella lavori avviati, autorizzati da anni, con centinaia di operai assunti, milioni di finanziamenti privati già investiti e cantieri già aperti. E, in più, sperimentazioni e progetti di ricerca di enorme interesse futuro. Altro che spread: con decisioni del genere, l’Italia, agli occhi degli investitori, fa la figura di un Paese fuorilegge, senza regole, alla mercé dei capricci di politici che “mettono a segno tasselli” di battaglie simboliche e di principio, senza alcun riguardo per patti sottoscritti, impegni presi e soldi degli investitori privati (peraltro stranieri). E – come se non bastasse – con la pessima sensazione che il tutto sia frutto di una pura logica “politica” di scambio tra i due alleati di governo. Che cioè Tempa Rossa sia una sorta di risarcimento per il M5S, dopo i cambi di rotta subiti su Tap, Ilva e Tav.

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Umberto Minopoli

non ci sono motivi concreti, ambientali, economici, giudiziari e di costi-benefici. Niente di niente. C’è solo un pregiudizio ideologico, che però pagheremo noi cittadini. Perché dovremo importare più petrolio dall’estero, a costi doppi o tripli per la nostra bilancia dei pagamenti. Far credere che fermando Tempa Rossa noi usciremo dai combustibili fossili è semplicemente non vero

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