Li chiamano Millennials, la generazione di giovani nati a cavallo tra gli anni 80 e i 2000, i ragazzi che hanno vissuto a pieno la rivoluzione tecnologica ancora in atto. Per le generazioni precedenti che cercano di approcciarsi al nuovo modo di comunicare, è difficile comprendere il rapporto quasi simbiotico tra giovani e social e questo, ovviamente, crea una frattura nel rapporto genitori figli. Spesso chi non ha vissuto la digital transformation in atto, ne vede, purtroppo, solo i lati negativi; dovremmo imparare invece, a gestire la tecnologia che ci circonda e vederla come un’opportunità.
I Millennials e ancor di più, la “generazione z” stanno cercando di cavalcare la tecnologia in qualsiasi ambito. I lavori del Futuro ad esempio, saranno basati sull’innovazione tecnologica; basti pensare che secondo uno studio del Word Economic Forum il 65% dei bambini che oggi sono alle elementari farà un lavoro che ancora non esiste. Questo dato oltre che farci riflettere, dovrebbe portare le istituzioni ad analizzare e migliorare la formazione nelle scuole, che devono assolutamente essere al passo con la tecnologia. Oggi ancor di più, l’uso della tecnologia nell’ambito lavorativo è diventata una soft skill imprescindibile, l’obiettivo della formazione, e quindi delle scuole e delle Università, è quello di dare agli studenti gli strumenti per poter utilizzare la tecnologia in chiave umana, usandola come mezzo e non come fine ultimo.
Nel rapporto dell’Ocse 2019 Skills Outlook la percentuale dei giovani italiani che hanno basse competenze cognitive e digitali è del 3,2%, un dato positivo che può e deve senz’altro migliorare per raggiungere la media europea del 2,3%; anche in campo lavorativo l’uso di internet è inferiore al livello degli altri paesi europei e i corsi di formazione dovrebbero giocare un ruolo fondamentale per ridurre il divario.
L’Osservatorio Generazione Proteo dell’Università Link Campus, diretto dal Professore Nicola Ferrigni, dal 2012 pubblica annualmente un “Rapporto di ricerca sui giovani italiani”, coinvolgendo studenti di età compresa tra i 16 e i 19 anni. Gli studenti intervistati sono stati circa 100.000. La particolarità di questa ricerca, che la distingue dalle altre è il suo carattere partecipativo; i ragazzi, infatti, prima di compilare il questionario, si riuniscono in numerosi focus groups per esprimere la loro opinione e confrontarsi su diverse tematiche. Il Rapporto 2019 introduce una grande novità rispetto agli anni precedenti, ovvero il desiderio di reagire dei giovani, ed è per questo che si è scelto, per quest’anno, di definirli re-attori. Da alcuni dati della ricerca è emerso che i giovani apprezzano molto chi, come gli influencer ed i gamer, ha saputo utilizzare l’innovazione tecnologica per creare un lavoro fino a poco tempo fa, inesistente. Allo stesso modo è emerso un distacco dal mito del posto fisso, ormai anacronistico in un mondo lavorativo in continua evoluzione. Nel corso dei focus, l’osservatorio si limita ad essere spettatore e ad aiutare i ragazzi ad esprimere i propri pensieri trasformandoli in parole. Una sezione del rapporto si concentra sulla tecnologia, i rischi ad essa connessi e la relativa consapevolezza dei giovani. Le domande riguardano essenzialmente i social, l’uso di reti TOR e l’hate speech connesso al cyber bullismo.
E’ grazie a questo tipo di ricerche che anche chi non fa parte della generazione dei Millenials può approfondire il tema, per comprendere le dinamiche ed il nuovo mondo in cui i nostri figli crescono, ma anche per acquisire conoscenze in ambito tecnologico che sono utili ai cittadini e ai lavoratori di tutte le età. I giovani e la tecnologia sono il futuro del nostro paese, e solo così potremmo capire il rapporto sempre più viscerale e trovare la chiave per vivere la digital transformation al meglio.