Mentre le foto dello storico incontro di Panmunjom – nell’area sudcoreana della zona demilitarizzata tra le due Coree – tra il dittatore del nord Kim Jong-un e il presidente del sud Moon-Jae-in fanno il giro del mondo, le due principali potenze della regione asiatica cercano, a fatica, di superare le proprie divergenze. Il primo ministro indiano Narendra Modi incontra oggi a Pechino il presidente della Cina Xi Jinping, in un bilaterale atteso da tempo. Dalle relazioni tra i due giganti asiatici, infatti, non dipendono solo dinamiche politiche e commerciali dell’estremo oriente, ma anche la geopolitica e l’economia di tutto il globo.
Ne parla Quartz, in un articolo di Devjyot Ghoshal in cui segnala aperture che fanno ben sperare, ma anche difficoltà di fondo tra due rivali strategici.
“Il viaggio del primo ministro indiano a Wuhan per un summit con il presidente cinese Xi Jinping è stato preceduto da molto traffico aereo VIP tra Pechino e Nuova Delhi.
Dalla fine dello scorso anno, un assortimento di ministri, mandarini e alti funzionari hanno sorvolato l’Himalaya – teatro di un confronto di un mese tra truppe indiane e truppe cinesi nel 2017 – per preparare il palcoscenico per un reset nelle relazioni tra i due paesi. L’elenco comprende Rajiv Kumar, l’economista di Oxford che è vicepresidente di Niti Aayog, il gruppo consulenti del governo di Modi.
All’inizio di aprile, Kumar ha incontrato He Lifeng, presidente della Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma, l’ente per la pianificazione economica della Cina. Gli incontri, svoltisi a Pechino, facevano parte del Dialogo Economico Strategico India-Cina iniziato nel 2011 per volere dell’ex premier cinese Wen Jiabao, ma sono stati sospesi lo scorso anno dopo l’incidente di Doklam.
Nonostante il disagio per l’atteggiamento sempre più aggressivo di Pechino sui confini dell’India, il suggerimento di Kumar è chiaro: guardare alla Cina come un’opportunità, non come una minaccia.
«Molte conversazioni in India riguardano il percepire la Cina come una minaccia per i nostri imprenditori, per i nostri mercati, per la nostra sicurezza. Non è certamente il modo utile di guardare la situazione», ha detto Kumar a Quartz in un’intervista all’inizio di questa settimana. Sottolineando come, in realtà, il dibattito in Cina sia molto incentrato su come utilizzare il mercato indiano e costruire legami migliori.
L’entusiasmo cinese per il mercato indiano è comprensibile. La Cina è il più grande partner commerciale dell’India, anche più degli Stati Uniti. Il commercio bilaterale tra India e Cina ha raggiunto il livello record di 84,4 miliardi di dollari nel 2017, anche se incide pesantemente più a favore della Cina che dell’India. Più di 20 miliardi di dollari di prodotti elettronici e prodotti informatici cinesi a basso costo entrano in India ogni anno, facendo salire il deficit commerciale dell’India a 57,9 miliardi tra aprile 2017 e febbraio 2018.
Non c’è una soluzione semplice a questo problema, soprattutto considerando l’annosa controversia sui confini tra i due paesi e, più recentemente, le preoccupazioni dell’India sull’ambizioso piano della Nuova via della seta del presidente Xi, noto come Belt and Road Initiative (BRI). Ma Kumar insiste nel dire che entrambe le parti stanno ora cercando di andare oltre le divergenze.
«Ora, in India, c’è sicuramente un riconoscimento del fatto che con il nostro vicino del nord deve esserci un dialogo, un impegno che può avere successo tenendo ferma la cura dei nostri interessi principali», ha detto, delineando la posizione indiana, molto attenuata rispetto alla rigidità dello scorso anno.
Anche Pechino sembra ammorbidire la propria visione dei rapporti con l’India. «Comprendono la nostra esigenza di tutelare i nostri interessi. Quindi, sai, anche quando viene sollevata la questione ‘BRI’, non c’è più un atteggiamento aggressivo», ha spiegato Kumar parlando della sua controparte cinese.
In effetti, in una recente riunione dei ministri degli esteri dell’Organizzazione per la Cooperazione a Shanghai, l’India non ha sostenuto il progetto della nuova via della seta, nonostante il presidente Xi vi abbia investito moltissimo, mettendoci tutto il suo prestigio personale.
La valutazione di Kumar di una ritrovata flessibilità cinese sulle reticenze indiane circa la BRI, e la volontà di New Delhi di fare concessioni nonostante le tensioni sui confini, potrebbero essere segnali di un’opportunità che le due potenze vogliono concedere alla distensione dei loro reciproci rapporti economici e diplomatici.
«I due paesi e le rispettive economie sono abbastanza grandi da avere molti altri punti di contatto e di interazione», ha detto Kumar. «C’è quindi una convergenza, e penso che ci sia un forte desiderio da entrambe le parti di migliorare i legami economici e commerciali. E questo si riflette ora in quello che sta accadendo».
Ma gli analisti sono scettici. Secondo Michael Kugelman, vice direttore del Programma Asia presso il Wilson Center, un think-tank di base a Washington, «nonostante tutti i messaggi positivi, non c’è motivo di credere che la Cina e l’India resetteranno a breve le loro relazioni. Indipendentemente da ciò che emerge dal summit tra Modi e Xi, l’India e la Cina sono destinate a rimanere rivali strategici».
Entrambi i paesi rimangono bloccati in un’accesa competizione che si declina su due fronti: l’influenza sulla regione, e lo sfruttamento delle risorse naturali, anche se nessuna delle due parti vuole che la relazione si deteriori, data la dimensione del commercio bilaterale e una serie di preoccupazioni legate alla sicurezza.
«Quello che abbiamo visto negli ultimi mesi, e ciò che stiamo vedendo in questo summit, è il desiderio reciproco di abbassare le temperature e creare abbastanza buona volontà per assicurare che la relazione sia praticabile e relativamente cordiale, e non disfunzionale e ostile. Ma un’apparente distensione non deve essere confusa con un reset», conclude Kugelman”.
nonostante tutti i messaggi positivi, non c’è motivo di credere che la Cina e l’India resetteranno a breve le loro relazioni, sono destinate a rimanere rivali strategici
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