Il secondo appuntamento di FOR & CHIPS, il nostro format estivo di approfondimento, si è svolto giovedì 12 agosto. Abbiamo parlato di Green Pass, argomento che ci ha accompagnato per tutta l’estate, e probabilmente continuerà a essere topic di discussione per un bel po’ – la diretta integrale è disponibile sul nostro profilo Instagram. Qui, invece, è possibile leggere l’articolo sulla prima puntata, anch’essa presente su Instagram.
Ospite della diretta è stato Nicola Ferrigni, professore associato di sociologia all’Università degli Studi “Link Campus University di Roma”, che ha dedicato la sua ricerca, negli anni, a vari argomenti. Politiche di welfare, dinamiche giovanili, analisi di fenomeni sociali di massa; più di recente il professor Ferrigni ha pubblicato il volume “Le nuove povertà nel territorio di Roma capitale”, focalizzandosi sulle conseguenze della pandemia e sulle sue ricadute in termini sociali, economici sulla popolazione della Capitale.
Green Pass: limite o tutela?
Di Green Pass se ne parla e se ne continua a parlare molto, soprattutto sui social, e le discussioni sono accese e dividono la popolazione in chi è d’accordo e chi no, chi lo legittima e chi lo rifiuta. E non necessariamente chi critica il Green Pass rientra fra i cosiddetti “no-vax”, fra coloro che disapprovano il vaccino, anzi. La questione che sta a cuore a molti, a prescindere dell’opinione sul vaccino, è quella della libertà: il Green Pass è visto come un limite alla nostra libertà, nonostante in alcuni casi sia lecito e costituzionale sacrificare porzioni della nostra libertà in favore di principi più alti, come la sicurezza e la salute. Il Green Pass è solo l’ultima delle norme percepite come lesive della libertà. Si potrebbe prendere in esame una infinità di casi di norme nate per tutelare il cittadino, contestate perché percepite come “ostili” – obbligo di cinture di sicurezza e caschi, divieto di fumo nei locali, patente a punti, le barriere negli stadi. Il professor Ferrigni spiega che in questi casi il fatto che la norma influisca sulla dimensione della cosiddetta “liberà personale” comporta una interpretazione in chiave individualistica della stessa: la norma in questione è interpretata negativamente, come un limite, un qualcosa contro la libertà e di inopportuno.
Comunicare meglio
L’obiettivo primario, fondamentale, del Green Pass è quindi tutelare non solo sé stessi, ma anche i propri cari. È questo che andrebbe ricordato, senza perseguire egoistici e privatistici tipici della nostra società, che potrebbero ingiustamente guidare la scelta di fare il vaccino e, chiaramente, accedere al Green Pass. La responsabilità del cittadino è quella di vaccinarsi anche, e soprattutto, nell’ottica della collettività, ritrovando quindi il senso di condivisione che deve essere uno dei principi fondamentali della nostra cultura – al netto chiaramente di motivazioni medico-sanitarie. La mancanza di comunicazione, l’informazione superficiale sui social, l’opinione di un politico o di un influencer e talvolta la mancanza di una struttura culturale adeguata hanno portato molti ad esprimere dissenso o consenso senza, in realtà, una vera e propria cognizione di causa. Ciò che avrebbe dovuto seguire, o meglio, precedere l’introduzione del Green Pass, spiega il Professore, è un’accurata ed efficiente comunicazione. Spesso, infatti, la politica – e non solo quella italiana, come dimostra la mancanza di modelli europei da seguire – trascura l’elaborazione di una strategia comunicativa più adeguata e funzionale alla norma: comunicare un Green Pass richiede una campagna di comunicazione integerrima, perfetta, puntuale e che trasferisca inequivocabilmente il concetto della “norma per” e non come “norma contro”.
Cittadini di “serie A” e di “serie B”
È inevitabile, in ogni caso, che si crei una dualità fra vaccinati e non vaccinati, cittadini di “serie A” e cittadini di “serie B”, solo l’ultima delle disparità create dalla pandemia. Una disparità alimentata dalla percezione del vaccinato come più responsabile del non vaccinato, nonostante in effetti dietro la scelta di non vaccinarsi possono esserci una miriade di motivi, non necessariamente irrazionali. Tuttavia, sottolinea il professor Ferrigni, non si arriverà mai a una discriminazione rigida, violenta, perché ognuno di noi ha fra le proprie conoscenze qualcuno che non si è vaccinato. Per questa sua natura familiare, la discriminazione derivata dal Green Pass non troverà mai piena e reale espressione.
I problemi, fino ad ora
Il Green Pass è in vigore da meno di un mese e, oltre alle discussioni, sono emerse anche delle problematiche concrete. La prima è il fioccare dei gruppi Telegram che promettono la vendita di Green Pass, ovviamente falsi. Il tentativo di aggirare la norma sembra essere, purtroppo, nota il professore Ferrigni, figlia del modo di pensare e comportarsi ben riassunto nel detto “fatta la legge, trovato l’inganno”; altra questione emersa è quella dei controlli. Quanto rigidamente verranno effettuati i controlli, su lungo periodo? Chi ne avrà la responsabilità sui luoghi di lavoro, sui mezzi pubblici? Passata una prima fase di maggiore precisione e attenzione, si tenderà a essere meno scrupolosi? Probabilmente per avere delle risposte dovremo attendere ancora qualche mese. Ciò che è certo è che la norma deve necessariamente essere accompagnata da una presa di responsabilità da parte dei cittadini, nei confronti di sé stessi e della collettività, altrimenti il Green Pass verrà presto, nella prassi quotidiana, dimenticato. Altro step necessario è comprendere, e magari anche spiegare con chiarezza, il senso profondo del Green Pass: la tutela e la sicurezza di tutti.
Vi ricordo l’appuntamento di giovedì 19 agosto, ore 18.30, con la terza puntata di FOR & CHIPS. L’Italia dello sport all’ombra della pandemia.