domenica, 04 Giugno 2023

Emolumenti retributivi percepiti indebitamente dai pubblici impiegati e Intelligenza Artificiale

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Diotima Pagano
Laureata in giurisprudenza. Fortemente convinta che il diritto sia (anche) fantasia, creatività, interpretazione e molto spesso filosofia. Amante della Vespe e della musica in vinile. Il suo motto è "...Things To Come..."

Commento a Consiglio di Stato – sez.II – sentenza del 1° luglio 2021 – n. 5014

La sentenza del Consiglio di Stato (CdS) del 1° luglio 2021 – n. 5014 si è interessata, approfondendone tutti gli aspetti, di una questione usuale sia al giudice del Lavoro che al giudice Amministrativo, riassumibile nella esigenza di perimetrare i poteri della Pubblica Amministrazione ove si accorga di aver erogato somme stipendiali ai propri dipendenti, erroneamente: senza quindi un legittimo titolo.

In breve, si fronteggiano, in argomento, due tesi.

La prima, rigorista, assume che l’Amministrazione possa ben intervenire, recuperando quanto sborsato, senza tenere in nessun conto la posizione del beneficiario, assumendo rilievo unicamente l’erroneità dell’esborso.

Accanto a questa, “serpeggia” in giurisprudenza una tesi, “mitigante”, che valorizza – nel caso concreto – la buona fede del percettore e conferisce vigore alla presunzione che gli importi stipendiali siano stati (ormai) consumati per indifferibili esigenze della vita privata, familiare, di chi le ha ricevute.

Sullo sfondo, non manca la stranita acquisizione che – anche per dipendenti pubblici qualificati (il caso di specie riguarda un magistrato di grado elevato) – non è sempre facile orientarsi nella lettura del “cedolino”, a maggior ragione, ove si tratti di emolumenti che si stabilizzano con cadenza periodica.

L’esito finale di tali dispute interpretative è, in breve, individuata dal CdS nell’aggancio alla giurisprudenza europea.

Asserisce il CdS. «..con la sentenza della sez. I della Corte EDU, 11 febbraio 2021, n. 4893/2013, Casarin contro Italia, si è … affermato che non è ripetibile l’emolumento – avente carattere retributivo non occasionale- corrisposto da una pubblica amministrazione in modo costante e duraturo e senza riserve ad un lavoratore in buona fede, in quanto si è ingenerato il legittimo affidamento nello stesso sulla spettanza delle somme, sicché la loro ripetizione (benché dovuta ai sensi delle diposizioni nazionali, essendo stato indebitamente corrisposto) comporterebbe la violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 addizionale alla Convenzione

Nel risolto contesto, v’è, tuttavia, un tratto della sentenza che colpisce, collegandosi all’utilizzo, nel pagamento degli emolumenti stipendiali, delle procedure meccanizzate.

Premesso che aspetto cruciale della questione degli imposti rimborsi, è quello del tempo entro cui l’amministrazione può ripetere i pagamenti erronei, trattandosi di pagamenti stipendiali effettuati mediante sistemi automatizzati, solo gli importi rivisti «entro il termine di un anno dalle relative lavorazioni» (art. 9 della l. n. 428 del 1985) sono recuperabili automaticamente, ovvero senza alcuna verifica circa lo stato soggettivo del dipendente, stante che – afferma il CdS – «le liquidazioni disposte con procedure automatizzate hanno carattere provvisorio […]» (art. 5, comma 4, del d.P.R. n. 429 del 1986).

Si tratta allora di verificare – come si domanda il giudice amministrativo di appello, nella parte finale della pronuncia – se il ricalcolo delle somme, riferibili all’anno “dalla lavorazione”, sia conforme o meno ai criteri espressi dalla CEDU che, come sopra richiamato, tengono sempre presente, generalizzandoli senza distinzioni, vari elementi “mitigativi” della richiesta, tra cui la buona fede del percettore.

In altri termini, passato l’anno, il criterio da seguire è quello “soggettivo” (che tiene presente le condizioni del percettore); nell’anno (della liquidazione dell’importo), varrebbe, per contro, il criterio oggettivo, stante la dichiarazione per legge, del carattere provvisorio del pagamento, quindi correggibile senza che si radichi alcuna posizione tutelata del percettore.

La risposta del CdS per quanto attiene alla predetta disciplina del pagamento provvisorio, emendabile nell’anno, è degna di attenzione, sintetizzando un dibattito che è già presente e che (come nota il CdS) è destinato ad arricchirsi.

Detto in poche battute: le “macchine” velocizzano le attività, aiutano prodigiosamente nel disbrigo di “pratiche” altrimenti farraginose; fanno quindi guadagnare tempo, molto tempo.

Che fare però quando la macchina sbaglia?

Il carattere provvisorio del pagamento automatizzato, emendabile senza cautele di sorta entro l’anno, costituisce una prima, singolare, risposta legislativa a tale problema, creando un punto di raccordo, di equilibro, fra esigenze contrastanti.

Afferma testualmente il Consiglio di Stato: «Occorre pertanto vagliare se le disposizioni normative sui pagamenti automatizzati, interpretate nel senso della oggettiva provvisorietà, sì da consentire l’esercizio dello ius poenitendi da parte dell’Amministrazione a prescindere dalla situazione soggettiva del percettore, siano compatibili con l’art. 1 del Protocollo alla Convenzione, per la lettura datane con riferimento alla materia de quadalla Corte EDU.

Il Collegio ritiene che ridette disposizioni si risolvano nella apposizione di una generalizzata riserva di ripetizione, come tale legittimante sempre la sua concreta effettuazione, purché nei limiti temporali prestabiliti. Proprio la previsione di tali limiti temporali, d’altro canto, costituisce il ricercato punto di equilibrio fra le esigenze di certezza delle proprie risorse da parte del dipendente pubblico e quelle di presidio del procedimento meccanizzato, connotato da maggiore celerità operativa, da parte dell’Amministrazione. Il legislatore, cioè, facendosi carico delle conseguenze giuridiche dell’affidamento della gestione delle erogazioni stipendiali a sistemi automatizzati, in qualche modo anticipando i futuri e particolarmente attuali dibattiti sull’intelligenza artificiale e le conseguenze in termini di responsabilità di eventuali distorsioni applicative ascrivibili alla macchina, ha cautelativamente disciplinato le conseguenze delle correzioni dei relativi esiti, onerando l’operatore, tuttavia, di effettuare i controlli entro un termine ragionevole fissato in un anno.»

Come dire, il legislatore nazionale – tante volte denigrato per la criticabile fattura delle sue leggi – avrebbe, da tempo, meritoriamente mostrato di saper utilizzare l’Intelligenza Artificiale (AI) per velocizzare le procedure, al contempo, mostrando anche di aver buona pratica nell’immaginare rimedi ai possibili errori “meccanici”.

Articolo a cura di Diotima Pagano

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