Rendere competitiva l’economia italiana rafforzando la rete trasporti che connette l’Italia a Francia, Svizzera, Austria e Germania. Questo il tema del dibattito che ha accompagnato a Roma il convegno “Le Alpi al centro delle politiche di trasporto per la competitività dell’economia italiana”, promosso da ANITA – Associazione Nazionale Imprese Trasporti Automobilistici al quale hanno preso parte, fra gli altri, il viceministro alle Infrastrutture e ai Trasporti Edoardo Rixi, rappresentanti delle istituzioni e operatori del settore.
Nel 2022, l’export di beni e servizi è cresciuto del 9,4% a prezzi costanti, superando le aspettative rispetto ad altri Paesi europei, mentre quello globale registra un aumento del +13,8% nonostante la caduta del 2020 (dati Centro Studi Confindustria). Percentuali positive che ci dicono come l’economia italiana si porti avanti rispetto ai competitor degli stessi comparti tedeschi e francesi, grazie anche a fattori congiunturali, tra cui la specializzazione geografica dell’export e il cambio euro/dollaro, ma soprattutto fattori strutturali. Gli scambi commerciali avvengono per lo più su gomma e ferro, coinvolgendo i principali valichi di frontiera (Ventimiglia, Fréjus, Sempione, Monte Bianco, San Gottardo, Brennero, Tarvisio): sono 12 milioni circa i mezzi pesanti e oltre 130 mila i treni merci che attraversano la catena alpina.

È proprio nell’attraversamento dei passaggi di frontiera che è necessario lavorare nell’ottica di “sviluppo infrastrutturale e ammodernamento sia stradali sia ferroviarie” – come ha sottolineato il presidente di ANITA Thomas Baumgartner in apertura del convegno, aggiungendo come questo possa essere “funzionale alla permeabilità delle Alpi e alla possibilità di centrare gli obiettivi fissati al 2030 e al 2050 dalle politiche europee per le TEN-T” (le nuove regole in materia di reti di trasporto transeuropee già vagliate dal Parlamento europeo e in attesa di passare ai negoziati in Consiglio). Dunque, in linea con le soluzioni europee “che da una parte spingono sempre di più verso lo shift modale – ha aggiunto Baumgartner – dall’altra verso l’utilizzo nei mezzi di trasporto di tecnologie alternative ai combustibili fossili, per decarbonizzare il trasporto merci”. E ancora: il suggerimento di riprendere il vecchio progetto della Venezia – Monaco di Baviera per raggiungere la Germania o aprirsi a nuove idee come un’autostrada che vada da Milano a Ulma, nel Baden-Württemberg. Non solo le ambizioni infrastrutturali, ma anche culturali e ambientali per “dotare l’arco alpino di tutte quelle opere necessarie e rispettose dell’ambiente – ha sottolineato il presidente della Commissione Trasporti della Camera dei Deputati Salvatore Deidda – che consentano di agevolare il lavoro degli operatori del settore, assecondando la transizione ecologica, nel rispetto del lavoro e dell’identità di tutti”. Nello stesso percorso, si è inserito poi l’intervento di Paolo Angelini, Capo delegazione per l’Italia del Comitato permanente della Convenzione delle Alpi che ha riportato l’esigenza di sviluppare, tra le altre cose, la rete alpina nei termini intermodali, tenendo in considerazione anche l’aspetto sostenibile del trasporto su gomma e di coordinamento europeo per quello su ferro.
La situazione ai confini
Il convegno è stato anche un’occasione di confronto sulle opportunità derivanti dai tre confini francese, svizzero e austriaco, oltre che sulle prospettive di crescita in relazione alle politiche industriali in atto e in risposta a una domanda sempre più crescente di competitività del sistema Paese. Primo fra tutti, l’attuale situazione sul versante francese, con la prevista chiusura del traforo del Monte Bianco, (per interventi di risanamento e rifacimento, tre mesi all’anno per i prossimi 18 anni ), quale infrastruttura vitale per i collegamenti con l’Italia (600 mila sono i passaggi annuali di mezzi pesanti) e il cui fermo da settembre a dicembre 2023 potrebbe impattare sull’economia per un valore di -0,54%.Lato svizzero, poi, l’occasione di confronto ha messo sul tavolo i dati positivi di scambi commerciali che si presentano tra i più efficienti, soprattutto su ferro (il 70% delle merci con la Svizzera passa via sistema ferroviario), con investimenti derivanti dagli introiti delle tassazioni sul traffico pesante che ne permettono il potenziamento delle reti, un incremento dei treni e costi di trasporto ridotti. Insieme alla necessità di prevedere incentivi e sussidi alle aziende per la costruzione di terminal nei due Paesi. Infine, sul tavolo austriaco gli scambi Italia-Germania e il valore di un commercio che si aggira attorno a 170 miliardi, cresciuto nell’ultimo decennio del 70% e fondamentale per la supply chain tedesca.