Festeggiare la donna l’8 marzo è diventata una storia controversa, una cosa da fronte del sì e fronte del no. Ma del referendum sulla mimosa la cosa su cui realmente dovremmo interrogarci è: cosa stiamo festeggiando davvero? Nel giorno della Giornata internazionale della donna siamo sommersi da report, statistiche, percentuali e arrabbiature varie in chiavi hashtag e scioperi nazionali.
Superata questa giornata, il rischio è che ci si dimentichi quello che – realmente – si dovrebbe ricordare l’8 marzo. Perché, per quanto se ne dica, questioni come il gender gap, la differenza salariale e di occupazione, sono ancora lontane dall’essere inserite appieno nell’agenda politica, così come sui tavoli di lavoro. Anche se a timidi passi stiamo andando nella giusta direzione, restano comunque dei gap ancora culturalmente difficili da colmare. Nel caso del gender equality sul posto di lavoro, per il World Economic Forum (Wef) l’Italia è fanalino di coda con solo 3 milioni di donne in posizioni apicali (26,7%), mentre la differenza salariale complessiva – dai dati Eurostat – è al 43,7% rispetto alla media europea del 39%. Dall’ultimo forum di Davos, inoltre, il Wef ha tirato le somme di quello che verrà: nel report, infatti, si stima che gli uomini guadagneranno più delle donne ancora per altri 202 anni e i dati confermano che per colmare il gender gap ci vorranno ancora 100 anni. E sul piano dell’occupazione, in Italia la differenza fra uomini e donne è di 19,8 punti, al penultimo posto rispetto agli altri Paesi Ue, subito dopo Malta e seguita dalla Grecia.
A questo punto, o si va avanti o si torna indietro. Sicuramente molto di più potrebbe essere fatto. Pensiamo a quello che potrebbe essere fatto nell’ambito della rivoluzione digitale, ad esempio. L’ultimo rapporto Accenture “Getting to Equal 2019” mostra proprio come favorire politiche di inclusione che aumentino il numero di donne in azienda migliorerebbe i processi di digital transformation, con una spinta non indifferente per il PIL (fino a 8 miliardi di dollari in 10 anni) e un aumento del fatturato aziendale del 17%. Ecco quindi che leadership, azione inclusiva ed empowering environment divengono tre chiavi fondamentali per lo sviluppo innovativo di un’azienda. Così come la presenza di donne (dal quoziente emotivo EQ più performante del tradizionale intellettivo IQ) nel campo dell’intelligenza artificiale si rivela essenziale per lo sviluppo dell’intelligenza emotiva.
Nonostante queste vision performanti, però, la strada rimane comunque ancora in salita. E nonostante i buoni propositi, il rischio è – ne abbiamo già scritto – che si configuri un nuovo gender gap, non solo in ambito STEM, ma anche infatti nel settore digitale con una nuova disparità salariale.
di Elania Zito