Solo il 28% degli scienziati nel mondo è donna. Il dato che emerge dal Rapporto Women in Sciences dell’Unesco di giugno 2018 mette nero su bianco un nuovo gender gap che fino a qualche anno fa non avevamo ancora preso in considerazione, ovvero il gender gap nelle scienze. Questo divario di genere, purtroppo, conferma quel sottile – ma evidente – pregiudizio per il quale le donne non sarebbero portate per le materie e le abilità scientifiche. Ed è per via di questo pregiudizio che l’11 febbraio abbiamo celebrato in tutto il mondo la giornata delle donne e ragazze nella scienza. Ma perché abbiamo bisogno di una giornata dedicata proprio a questo?
Dall’ultimo Rapporto Women in Sciences 2018, infatti, emerge che il 72% degli scienziati del mondo è uomo (in Italia, il 64%), mentre solo il 30% delle universitarie sceglie un percorso STEM. Senza considerare che sul podio c’è il settore dell’informatica, costituito per il 97% da uomini. Nonostante il claim ambizioso di quest’anno – che invita ad “investire nelle donne e nelle ragazze nella scienza per una crescita ecologica inclusiva” – prospettive e statistiche non (ci) rassicurano, soprattutto in fatto di gender gap. Secondo le previsioni, entro il 2025 in Europa ci saranno circa 7 milioni di posti di lavoro in più nel settore delle STEM che andranno a costituire l’85% dell’occupazione totale. Non solo. L’anno scorso il World Economic Forum ha stimato che per colmare il divario di genere ci vorranno 100 anni e altre 8 generazioni in termini economici. Il rischio è che si configuri così un nuovo gender gap, non solo in ambiti come matematica, scienza e tecnologia in generale, ma anche e soprattutto nel settore dell’Intelligenza Artificiale, con anche una nuova e ulteriore disparità salariale.
Tolti i dati, via al resoconto. È nobile – senza dubbio – l’impegno di dedicare alle donne nelle scienze una giornata mondiale, promossa per sensibilizzare a livello internazionale sul tema. Tuttavia, nonostante gli ottimi propositi, rompere stereotipi e pregiudizi secolarizzati non è qualcosa di realizzabile nel breve periodo, a voler essere realisti (e, soprattutto, realiste). Una soluzione (modesta) potrebbe essere quella che – nel divenire della storia – abbiamo imparato a conoscere come rivoluzione culturale: dall’aprire le menti ad aprire le porte, da allargare le vedute ad allargare i panel, da un po’ meno effetto Matilda a un po’ più icona Millie, insomma.
In definitiva, tweet e buoni propositi non mancano (e neppure i monumenti tinti di rosa). Ma basteranno a smuovere le percentuali mondiali? Impossibile avere risposte in tempi brevi, ma nel frattempo potremmo cominciare – almeno – a smuovere di più le nostre coscienze e quelle delle più giovani regalando(ci) una Barbie versione Samantha Cristoforetti. Così, giusto per ricordare a tutti e a tutte che possiamo anche arrivare nello spazio.
di Elania Zito