Non c’è più angolo nel nostro spazio quotidiano che non sia pervaso dalla tecnologia, che lo scompone, lo riassembla e lo rinnova con orizzonti inediti. Le interazioni tra i vari attori economici, sociali e istituzionali sono a loro volta oggetto e soggetto di questa inevitabile trasformazione, che va affrontata con fiducia. Proprio su queste dinamiche è stato incentrato “Geopolitica del digitale”, evento organizzato da Elettronica Group, industria tra le migliori al mondo che opera nel campo della difesa elettronica.
Come afferma il report stilato per l’evento da The European House – Ambrosetti, uno dei più fecondi think tank a livello mondiale, il digitale è destinato a entrare sempre più in ogni spazio dell’esistenza. Alla base dell’innovazione ci sono, senza dubbio, la capacità di sfruttare le novità e la necessaria opera di regolamentazione di un mondo finora anarchico, almeno in occidente. Questi i temi su cui hanno ruotato gli interventi dei molti analisti e studiosi della tecnologia di fama internazionale che si sono succeduti sul palco.
Uno degli esempi di ciò che la tecnologia può creare sono i robots, che sono in grado di alleviare le fatiche dell’uomo e di semplificargli la vita. Secondo una visione strumentale che ci ha raccontato Giorgio Metta, studioso dell’Istituto Italiano di Tecnologia, sono un po’ come una forma evoluta di martelli, semplici utensili al servizio dell’umano. Oppure possono fare dell’altro, possono andare oltre. E allora ecco Sophia, il prodigioso robot umanoide di Hanson Robotics, che ha stupito la platea riuscendo a parlare di se stessa con il comico Neri Marcorè, sfidandolo quasi nella mimica facciale. Una macchina in grado di emozionarsi alle note cantate a mezza voce di “Roma nun fa la stupida stasera”. Ma forse non dovremmo stupirci. Stiamo parlando infatti dello stesso robot che ha già avuto milioni di visualizzazioni sui video dei suoi incontri con Will Smith e Cristiano Ronaldo.
I dati, la materia prima di domani
Un robot è però di fatto un’Intelligenza Artificiale, collegata poi a un apparato meccanico che gli dà la possibilità di interagire nel mondo fisico. Un’IA di oggi, quella che nelle vesti di Sophia e di altri automi ci sbalordisce, non lavora con algoritmi diversi da quelli di vent’anni fa. Come Metta ci spiega. ciò che è cambiato è la quantità di dati che oggi possediamo e la capacità dei moderni e potenti computer di elaborarli. Qui si gioca oggi la chiave dello sviluppo. L’importanza dei dati è tale che sono definiti da tutti la materia prima di domani, una vera e propria miniera d’oro. Un bene prezioso che forse oggi non viene percepito come tale, e per questo le aziende e gli stati ne fanno liberamente incetta. I tanti servizi offerti gratuitamente hanno infatti questo fine, secondo la massima: “se un prodotto è gratis, allora la merce sei tu”. La conservazione dei dati ha un costo, in infrastrutture ed energia, che non è secondario e che può essere sostenuto solo se viene considerato un investimento proficuo per il futuro. Tanto importanti da essere oggetto di ricatto e bersaglio suscettibile del terrorismo internazionale, come ha voluto rammentare l’ex-ministro Maria Chiara Carrozza.
La risposta: cybersecurity
La risposta può essere solo una sempre più efficiente cybersecurity. La consapevolezza crescente delle persone sulla propria privacy li condurrà a rifiutare di portare un domani i robot all’interno della propria intimità, senza avere la certezza della loro inviolabilità. Per usare una divertente parafrasi della Carrozza di un celebre spot: «No cybersecurity, no robots».
Quindi robot, IA, big data e tutte le altre tecnologie 4.0 sono anelli della stessa catena, che traina il mondo verso l’innovazione. Se una si spezza, o si blocca, il progresso pare fermarsi. Vi è dunque la necessità di dare un regolamento al processo. Bisogna evitare che diventi appannaggio di un’oligarchia di aziende, il caso statunitense, rischiando un ritorno al mondo feudale, ante 1648, di equilibrio instabile di contrapposti interessi, come provocatoriamente afferma l’americano John C. Hulsman, esperto di politica internazionale. Oppure l’opposta caduta in un mondo distopico orwelliano in cui lo stato controlla ogni azione attraverso il monopolio tecnologico, il modello centralistico cinese, secondo il commento di Alec Ross. L’analista americano ed ex-consigliere dell’amministrazione Obama, ripone sull’Europa una grande speranza: è l’unica che può proporre una giusta “terza via” che preveda il partenariato di società civile, aziende private e stati in una concezione perfettamente distribuita.
La situazione italiana
L’Italia ha le potenzialità per realizzare un simile progetto, perché da sempre coniuga intelligenza tecnologica e consapevolezza umanistica, e quindi è l’unica che può immaginare e pensare con lucidità a un futuro diverso e migliore. Per poter essere attore nel contesto mondiale deve, però, cambiare rotta: l’86% delle imprese italiane non si serve e non ha in programma di servirsi delle tecnologie 4.0; sul campo della formazione la situazione non è migliore, con solo l’1,1% di laureati in settori ICT, tanto che le poche imprese che decidono di investire nell’innovazione non trovano giovani preparati ai moderni lavori.
Sembra sia arrivato il momento di rialzarsi e concentrare le sue risorse su quei settori dove è ancora tra le migliori al mondo.