“Cosa pensa di Draghi premier?”
“Ha gestito bene la vaccinazione, l’avvio dei fondi europei … ma nemmeno lui alla fine vuole affrontare le questioni complicate, quelle divisive”
“E quali sarebbero?”
“Prenda quella piccola cosa delle concessioni balneari. Ha detto che vuol prendersi sei mesi per la mappatura. Ma a me, nel 1981, quando divenni ministro delle Finanze, la diedero in pochi giorni”[1].
Rino Formica, 94 anni, politico socialista
Uno spettro si aggira per l’Europa: la Concorrenza
Il famoso incipit marxiano (sebbene spesso saccheggiato) sembra al meglio adattarsi ad un commento breve al DDL sulla concorrenza, riferito ad un dato soggettivo, afferente alla persona del nostro premier: anche qui, con frasi ripetute, si è sottolineato come Mario Draghi, capace di fronteggiare i falchi tedeschi su questioni monetarie di enorme rilievo, spuntandola, abbia, per contro, dovuto fermarsi e non intervenire su un settore apparentemente di nicchia, quale quello afferente alle concessioni demaniali, su cui l’Europa, da tempo, ci chiede gare pubbliche, pro-concorrenziali.
Volendo fare un po’ d’ordine, vale innanzitutto ricordare come la disciplina delle concessioni demaniali pertenga strettamente all’ambito della concorrenza.
Ex multis, la Corte Costituzionale del 6 luglio 2021 n. 139 ha affermato che «è pacifico, nella giurisprudenza di questa Corte, che discipline regionali, le quali dispongano proroghe o rinnovi automatici delle concessioni demaniali in essere incidono sulla materia, di competenza esclusiva statale, della tutela della concorrenza, ostacolando l’ingresso di altri potenziali operatori economici nel mercato di riferimento (sentenze n. 10 del 2021, n. 1 del 2019, n. 171 del 2013 e n. 213 del 2011)».
Vale, inoltre, la sintesi delle questioni, offerta da altra pronuncia della Consulta, ove si è sancito che «Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la disciplina delle concessioni su beni demaniali marittimi investe diversi ambiti materiali, attinenti tanto alle competenze legislative statali quanto a quelle regionali (sentenze n. 157 e n. 40 del 2017). Tuttavia, i criteri e le modalità di affidamento di tali concessioni debbono essere stabiliti nell’osservanza dei principi della libera concorrenza recati dalla normativa statale e dell’Unione europea, con conseguente loro attrazione nella competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che rappresenta sotto questo profilo un limite insuperabile alle pur concorrenti competenze regionali (ex multis, sentenze n. 161 del 2020, n. 86 del 2019, n. 221, n. 118 e n. 109 del 2018). Sono state, in particolare, ritenute invasive di tale competenza esclusiva discipline regionali che prevedevano meccanismi di proroga o rinnovo automatico delle concessioni (ad esempio, sentenze n. 1 del 2019 e n. 171 del 2013), una durata eccessiva del rapporto concessorio (così ancora la sentenza n. 1 del 2019, nonché la sentenza n. 109 del 2018), l’attribuzione di una preferenza al concessionario uscente in sede di rinnovo (sentenze n. 221 del 2018 e n. 40 del 2017)».
In sintesi, la Corte Costituzionale ha sempre univocamente bocciato tentativi legislativi, specie regionali, tesi a frapporre ostacoli al libero esplicarsi, in materia, della concorrenza.
Reitera il percorso argomentativo, la pronuncia n. 222/2020 che mette ancora più in risalto la dimensione europeista della vicenda: «Questa Corte ha più volte affermato che la disciplina delle concessioni su beni demaniali marittimi investe diversi ambiti materiali, attribuiti alla competenza sia statale, sia regionale, ma che particolare rilevanza, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento delle concessioni, «assumono i principi della libera concorrenza e della libertà di stabilimento, previsti dalla normativa comunitaria e nazionale» (sentenze n. 86 del 2019 e n. 40 del 2017); principi corrispondenti ad ambiti riservati alla competenza esclusiva statale dall’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost».
«A tale proposito, un ruolo centrale è svolto dal citato art. 16 del d.lgs. n. 59 del 2010, che – attuando il contenuto dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno – prescrive la predeterminazione dei criteri e delle modalità atti ad assicurare l’imparzialità delle procedure di selezione per l’assegnazione dei titoli concessori e, per i profili inerenti alla presente fattispecie, dispone che non possano essere «accordati vantaggi al prestatore uscente».
Da questa rapida analisi può già concludersi che l’iter legislativo ed amministrativo da intraprendere era ed è tutto tracciato e presidiato da costante attenzione della Europa stigmatizzante le nostre omissioni (sul punto, si vedano le recenti osservazioni della portavoce della Commissione Europea per il Mercato Interno, Sonya Gospodinova che invita l’Italia a onorare le regole comunitarie sulle concessioni delle spiagge).
Ma, ancora, l’Europa – è il caso di segnalare – afferma importanti principi sulle concessioni balneari nella direttiva Bolkestein[2] (direttiva 2006/123/CE) che nel capo III (Libertà di stabilimento dei prestatori) agli art.9-13 stabilisce il divieto di proroga e di rinnovo automatico delle concessioni turistiche, principi mai trasposti ed attuati nell’ ordinamento italiano.
Quale la conclusione?
Per un Governo tecnico che ha “commissariato” i partiti politici, l’immagine del premier – ago della bilancia e garante nel mondo del nostro paese – patisce un’ombra (che non è sollievo balneare) i cui effetti, come accade sempre per ogni personaggio in eccesso di mitizzazione, potrebbero essere interferenti e delegittimanti (lo si afferma solo per esorcizzarne l’eventualità).
Articolo a cura di Diotima Pagano
[1] Intervista a Rino Formica sul quotidiano La Repubblica dell’8 novembre 2021
[2] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32006L0123&from=IT#d1e1594-36-1