Spotify sbarca alla Borsa di Wall Street imprimendo un nuovo slancio alla sua continua rivoluzione. La società fondata nel 2008 da Daniel EK e Martin Lorentzon realizza la sua quotazione, una delle più attese dell’anno, in una delle settimane più delicate per l’industria digitale, tra lo scandalo Cambridge Analytica, l’incidente che ha colpito un veicolo a guida automatica Tesla, le accuse di Trump ad Amazon e la decisione di Apple di produrre in proprio i processori per i suoi computer dal 2020.
L’obiettivo dichiarato è quello di giungere a una capitalizzazione del titolo SPOT.N (Spotify Technology SA) del valore di circa 23 miliardi di dollari, partendo nel primo giorno da una quotazione di circa 167 dollari ad azione. Nel fare questo l’azienda ha deciso di sposare la modalità della direct listing, la vendita diretta delle azioni tra investitori, senza l’utilizzo dei tradizionali canali di intermediazione bancaria e il passaggio degli investitori istituzionali.
Quest’operazione ancora poco diffusa, pur apparendo più esposta alla volatilità, garantisce una maggiore trasparenza nel processo e, se si dimostrerà di successo, sembra certo che verrà imitata da molte aziende. La decisione di optare per la quotazione diretta, volta a una maggiore democraticità del mercato, è particolarmente in linea con la storia aziendale.
Spotify vanta infatti come successo principale quello di aver democratizzato la musica – il suo claim è “musica per tutti” – garantendo a chiunque la possibilità di ascoltare 35 milioni di brani in alta qualità attraverso una piattaforma freemium. I suoi ideatori hanno cercato per primi di sviluppare un modello di musica in streaming concesso gratuitamente e in totale legalità all’utente – accompagnandolo con una versione a pagamento che elimina le pubblicità e permette l’ascolto offline – tramite un accordo con le major discografiche, assestando da un lato un colpo alla pirateria, e diventando dall’altro una delle principali fonti di entrata per etichette e cantanti. Il 70% dei profitti viene infatti trasferito direttamente ad artisti e case discografiche.
L’azienda svedese non ha soltanto rivoluzionato il modo in cui ascoltiamo musica, ma ha anche dato un contributo decisivo a riportare l’intero settore sulla strada della crescita. Oggi conta 159 milioni di utenti attivi, 71 milioni dei quali con abbonamento premium, più del doppio rispetto al diretto concorrente Apple Music (circa 30 milioni).
Il problema della compagnia resta ancora la redditività. Nonostante il tasso di crescita del 45% e i 4,09 miliardi di euro di ricavi, la compagnia continua a produrre bilanci in rosso: 1,24 miliardi di perdita operativa nel 2017. L’aspettativa del management della società è di superare questo problema, di continuare a crescere con forza e di riuscire a spiccare il salto decisivo nella rivoluzione del settore, attraverso il suono della campanella di Wall Street. Solo il tempo dirà se l’impresa avrà successo.
La decisione di optare per la quotazione diretta, volta a una maggiore democraticità del mercato, è particolarmente in linea con la storia aziendale