Abbiamo discusso per anni di rappresentanza (e di conflitti) di interessi, ma non molto è cambiato, in Italia ed in Europa. Buone leggi aiuterebbero almeno a decidere tra diversi interessi in conflitto, più che arrovellarsi sui conflitti di interesse.
Negli USA, dove l’attività di lobbying è un diritto con solide basi costituzionali, conflitto di interesse e trasparenza seguono regole rigorose, che sono state inasprite in modo crescente da Obama. Tutto è trasparente. Questo non impedisce a chi ha esperienza nella rappresentanza d’interessi privati di essere chiamato a servire il Paese.
Le regole indicano semplicemente che non si possono fare due lavori in conflitto e che non si devono sovrapporre, ma soprattutto chiedono trasparenza nella proprietà di beni, azioni e transazioni. Solo in pochi casi la legge (come da noi) impone un periodo (variabile) di raffreddamento. Tuttavia, avere personalità che si siano distinte per esperienza nell’esercito e/o nell’apparato industriale della difesa è motivo di orgoglio per Democratici e Repubblicani. Il generale a 4 stelle Jim Mattis, con notevole esperienza nell’industria militare è stato segretario alla difesa con dal 2017 al 2019, poi avvicendato da Mark Esper, passato dall’industria e dalla stessa Associazione Industriale di Settore. Egualmente dicasi per il Generale Lloyd Austin, Segretario alla Difesa con il democratico Biden: tutti incarichi politici passati per incarichi strategici nelle industrie di settore.
Questo perché l’industria della difesa è fortemente regolata e finanziata dallo Stato e, come la ricerca tecnologica, corrisponde ad interessi vitali di sicurezza ed ha portato vantaggi enormi anche all’innovazione … come internet.
Nel curriculum del ministro Crosetto c’è la collaborazione retribuita con alcuni di questi soggetti ed eccellenze industriali italiani. Guido Crosetto ha deciso di agire per tempo, scegliendo di mettere per più volte (si era già dimesso da un primo incarico parlamentare) una distanza piuttosto radicale tra gli incarichi politici, quelli istituzionali e le sue attività d’impresa e/o impegni di rappresentanza d’interessi. Un’esperienza che in tempi di rafforzamento delle difese comuni a me sembra rassicurante.
Aggiungerei che l’Aiad è una “associazione industriale di settore” e, a meno di non essere prevenuti verso le imprese tout court (o verso il settore), il Parlamento abbonda (per fortuna) di professionisti, manager e imprenditori la cui unica bussola sono le leggi ed i regolamenti (delle imprese stesse) sulle incompatibilità. Ad uno dei più importanti manager europei, come Colao, tra i primi nell’industria delle TLC, non sono stati chiesti i redditi precedenti, ma le competenze e l’esperienza nella transizione digitale. Viceversa, la diffusa assenza di competenze ed esperienze di lavoro, l’uno vale uno, non ha dato gran prova.
Nessuna delle auto esclusioni di Crosetto era dovuta, mi pare, ad un obbligo di legge ma alla autonoma ragionevole scelta del Parlamentare, oggi membro del governo, di dedicarsi all’attività prevalente, nel rispetto delle leggi esistenti su trasparenza e conflitti. Piuttosto che stabilire criteri d’opportunità (o far propaganda) secondo convenienze di parte, si può scegliere solo il criterio della legge, oppure cambiarla.
Le banalità faziose sui lobbisti dovrebbero farci alzare lo sguardo e magari decidere una legge seria ma sapendo che chi rappresenta un’attività economica strategica è spesso una risorsa, non una minaccia. E, per tornare negli USA, il miglior tessitore di relazioni con il Parlamento, da Clinton a Biden, passando per Obama, era ed è tuttora l’ex lobbista, pro-tempore, Steve Richetti, entrato e uscito dai ranghi della professione per servire, con la politica il suo Paese, rappresentando il Presidente degli USA presso il Parlamento anche nei recenti provvedimenti bipartisan per la ricostruzione.
Articolo a cura di Massimo Micucci, Direttore Merco Italia