Gli obiettivi dei paesi emersi durante il confronto sul clima dell’ONU devono essere molto più audaci per “tenere in vita l’1,5”
I leader mondiali che si recano a Glasgow per la COP26 affrontano un grande compito: citando le parole del Primo Ministro britannico Boris Johnson, il summit non è altro che un “punto di svolta per l’umanità”.
«Dobbiamo limitare l’aumento delle temperature a 1,5 gradi», ha detto recentemente all’ONU, in un discorso che delinea il lavoro da fare. «Ogni giorno, ogni settimana, stiamo facendo un danno così irreversibile che, molto prima di 1 milione di anni, avremo reso questo bellissimo pianeta effettivamente inabitabile».
Il vertice di Glasgow, che si svolgerà nelle prossime due settimane, sarà il momento della verità nel determinare se il mondo può rispettare l’accordo di Parigi sul clima del 2015, che mira a limitare il riscaldamento globale a 2° sopra i livelli pre-industriali o, idealmente, a 1,5°. Alla COP26, i paesi si faranno pressione a vicenda per adottare target climatici più ambiziosi; i negoziatori finalizzeranno le regole del patto di Parigi; e i Capi di Stato potrebbero raggiungere un accordo globale sulla limitazione dei finanziamenti per il carbone.
Lo slogan “Keep 1,5 Alive” è il grido di battaglia non ufficiale dell’incontro, un riferimento all’obiettivo del non superamento dell’incremento di 1,5° all’anno dell’accordo di Parigi. Ma, con l’aumento delle emissioni globali, quell’obiettivo sta diventando sempre più difficile da raggiungere.
Limitare il riscaldamento globale a un incremento annuale di 1,5° potrebbe aiutare ad evitare alcuni dei peggiori impatti del cambiamento climatico – ma richiede che le emissioni siano tagliate molto più rapidamente che in uno scenario di incremento annuale di 2°. Ma i target climatici dei paesi sono in media già molto lontani da ciò che è necessario per raggiungere l’obiettivo di 1,5°. Nonostante i nuovi obiettivi fissati quest’anno, il mondo è sulla buona strada per non superare un incremento di 2,7°, anche se la maggior parte degli obiettivi climatici nazionali sono stati raggiunti.
Molto, quindi, dipende da ciò che può essere concordato al vertice – il più grande incontro COP da quando l’accordo di Parigi è stato approvato, ma ritardato di un anno a causa della pandemia di Coronavirus. Sono attesi circa 25.000 delegati e 120 Capi di Stato, compreso il Presidente americano Joe Biden.
I padroni di casa del Regno Unito hanno optato per un formato COP in stile “normale” – con moltissimi eventi collaterali, padiglioni e anche proteste, anche se tutti con le adeguate misure sanitarie, come la possibilità di fare i test Covid giornalieri in loco.
Alok Sharma, Presidente della COP, si è preparato per la conferenza girando in lungo e in largo il mondo negli ultimi mesi, per mediare accordi in vista dei negoziati e porre le basi per tagliare i finanziamenti legati al carbone. «COP26 non è un negozio di chiacchiere», ha detto in un recente discorso. «Deve essere il forum in cui mettiamo il mondo in pista per ottenere risultati sul clima».
Ma ci saranno anche un bel po’ di opportunità fotografiche. I presidenti stranieri raggiungeranno la sede con le auto elettriche Jaguar, saranno promosse le aziende britanniche di energia pulita, e sarà un’opportunità per mostrare l’abilità diplomatica del Regno Unito, dopo la Brexit.
Quali sono le priorità principali per i leader alla COP26?
Lo scopo della COP è duplice: i negoziati formali finalizzeranno il libro delle regole che governa l’accordo sul clima di Parigi. Gli aspetti chiave in questo caso includono le strutture per un mercato globale del carbonio, e la questione se i paesi dovrebbero fissare nuovi obiettivi climatici ogni 5 anni, o ogni 10 anni.
Tuttavia, alcuni degli sviluppi più interessanti possono avvenire al di fuori dei negoziati tecnici.
La COP funge da arena per nuovi patti e impegni – e una calamita per un po’ di baldoria, con eventi, celebrità, nuovi impegni aziendali e proteste degli attivisti che si scontrano.
La lista dei nuovi impegni è lunga quest’anno. Mettere fine all’uso del carbone e aumentare il numero di veicoli elettrici sono due delle principali priorità del Regno Unito come padrone di casa di quest’anno.
Sharma vuole che questo summit «consegni il carbone alla storia» e ha lavorato dietro le quinte per creare una coalizione di paesi che sono disposti a limitare il finanziamento del combustibile fossile, i cui dettagli non sono ancora stati rivelati.
Ma la crisi energetica in Cina e in Europa potrebbe rendere le nazioni più riluttanti a fissare date rapide per il phaseout delle loro centrali a carbone. Il Regno Unito ha anche spinto per un patto sui veicoli elettrici, e i capi di molte delle più grandi case automobilistiche del mondo dovrebbero partecipare.
Nel frattempo, gli Stati Uniti – che saranno rappresentati da un gran numero di delegati, mentre il presidente Joe Biden lavora per dimostrare l’impegno della sua amministrazione nei confronti dei problemi climatici – stanno sollecitando i paesi a firmare un impegno globale per tagliare le emissioni di metano, un potente gas riscaldante.
Una spinta a concentrarsi sul provvedimento 1,5°
Ma l’ambizione principale sarà quella di aumentare il sostegno per l’obiettivo 1,5°, piuttosto che accettare il livello di 2° fissato come limite nell’accordo di Parigi. Questa COP è anche la scadenza entro la quale i 197 paesi che hanno firmato l’accordo di Parigi dovrebbero presentare gli obiettivi climatici aggiornati – anche se non tutti lo hanno ancora fatto.
«Se si guarda all’anno nel suo complesso, allora il titolo della COP dovrebbe essere: quanto siamo riusciti ad aumentare le ambizioni in questo ciclo quinquennale», spiega Nat Keohane, Presidente del Center for Climate and Energy Solutions, un think-tank statunitense.
«Questa è una dinamica divertente perché diversi paesi hanno già aumentato le loro ambizioni, all’inizio dell’anno», aggiunge, indicando gli Stati Uniti, l’UE, la Corea del Sud, il Giappone e altri.
Pochi paesi dovrebbero annunciare nuovi obiettivi climatici (o “contributi nazionali determinati”) al vertice. Ma questi obiettivi, noti come NDC nel gergo della COP, saranno comunque al centro dell’attenzione, perché attualmente sono insufficienti. Alla conclusione dell’evento, ai paesi sarà probabilmente chiesto di ripresentare obiettivi migliori, nel 2022 o 2023.
Quest’anno, una serie di disastri – da un’ondata di caldo torrido in Canada, a inondazioni mortali in Germania e nella Cina centrale – ha reso chiaro il costo e il pericolo rappresentato dal cambiamento climatico.
In agosto, un rapporto del Comitato Intergovernativo sul Cambiamento Climatico ha avvertito che il mondo potrebbe superare 1.5° di riscaldamento già nel 2040, anche se le emissioni diminuiranno rapidamente. Ma questa posta in gioco alta potrebbe non rendere i negoziati facili, data l’agenda intensa e le tensioni tra i paesi sulle sfide chiave.
Negoziare e ottenere un importante risultato a Glasgow – se i paesi sapranno superare i loro disaccordi – farebbe una grande differenza.
Articolo a cura di Leslie Hook, Financial Times
Traduzione a cura di Manuela Scognamiglio