La crescita dell’Unione europea passa dall’industria della clean-tech? È quello cui ambisce la Commissione europea con la presentazione di una strategia per la clean-tech, l’ultima proposta a firma del Commissario per il Mercato interno Thierry Breton e messa nero su bianco dalla presidente Ursula von der Leyen la scorsa settimana a Davos, davanti alle grandi potenze che siedono al tavolo del World Economic Forum.
La proposta europea arriva come pronta risposta all’Inflation Reduction Act americano, il piano da 369 miliardi di dollari presentato da Biden alla fine del 2022 come strategia per risollevare le imprese statunitensi e indirizzarle verso un percorso più green. Oltre 341 miliardi di euro in crediti d’imposta, sconti e sussidi per supportare le aziende negli investimenti e nella produzione di tecnologie verdi. Tradotto, un approccio made in Usa che potrebbe colpire le aziende europee che, affascinate dal richiamo oltreoceano, potrebbero scegliere di imbarcare i propri investimenti verso quella rotta.
Energia, tecnologia e innovazione
A Davos, però, non è mancato lo spirito di impresa che contraddistingue la Commissione von der Leyen: la presidente, infatti, si è presentata al Forum sostenendo che “l’Europa ha un piano per il futuro” e che “la storia della clean-tech economy sarà scritta in Europa”. Troppo ambizioso? No, realista.
Con gli obiettivi del Green Deal siglati per raggiungere la net-neutrality entro il 2050 e le azioni messe in campo per rispondere alle conseguenze provocate dalla guerra di aggressione in Ucraina, non c’è molto su cui farsi venire i dubbi. La leadership europea arriva forte e chiara e i piani su cui si muove – energia, tecnologia e innovazione – ne sono una prova tangibile.
È in questa direzione che, davanti ai “Grandi” di Davos, la presidente della Commissione europea ha riportato l’intenzione di creare un nuovo Net-Zero Industry Act che “seguirà lo stesso modello del Chips Act” (la legge sui semiconduttori) e che “identificherà obiettivi chiari per la clean-tech europea entro il 2030”, con l’obiettivo di creare le condizioni normative per “crescere rapidamente” in settori considerati “cruciali per raggiungere la net-zero” come “eolico, pompe di calore, solare, idrogeno pulito, stoccaggio”.
Innovazione e supply chain made in Europe
Insomma, l’Unione europea non ha nulla da invidiare ai protagonisti che siedono a Davos. E a metterlo in chiaro anche il Commissario Breton che, nel corso della Plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo della scorsa settimana, ha ripreso l’importanza di includere nel Net-Zero Industry Act una “riduzione degli oneri amministrativi, con procedure di rilascio delle autorizzazioni più accelerate” per le clean-tech, allo scopo di fare della nuova proposta normativa “un veicolo politico e legislativo che ci consentirà di garantire trasparenza e coordinamento europeo, piuttosto che la dipendenza da soluzioni unicamente nazionali”.
Una strategia per rendere l’industria europea competitiva nei settori della tecnologia – con un’infrastruttura normativa a corredo del Chips Act -, ma anche dell’energia, permettendo ai Paesi Ue di accedere a strumenti e risorse necessarie per rispondere all’Inflation Reduction Act statunitense e incoraggiare l’autonomia dell’Unione europea.
Sempre in plenaria, richiamando all’energia e alla necessità di non “rassegnarci a sostituire la nostra dipendenza dai combustibili fossili con nuove dipendenze industriali strategiche come le terre rare”, il Commissario Breton ha anticipato con questo tema quello che sarà il Critical Raw Materials Act, che dovrebbe essere presentato il prossimo 8 marzo dalla Commissione europea e che punta a garantire l’approvvigionamento del blocco di materie prime (litio, cobalto, nichel, manganese e grafite). E affrancare così l’Unione europea anche da questo settore. Ad oggi, per lo più detenuto dal mercato cinese.