“Contro(la)natura. Perché la natura non è buona né giusta né bella” è un saggio del 2014 di Chicco Testa. Volutamente provocatorio, almeno nel titolo, il libro contesta il luogo comune secondo cui il naturale è migliore e sempre preferibile a quello che naturale non è, in quanto manipolato dall’uomo.
Per confutare questa tesi basta semplicemente puntare i riflettori sull’esperienza che l’umanità ha vissuto nel corso dei secoli. Il lungo passaggio evolutivo dell’uomo dai primi utensili fino alle più moderne tecnologie, altro non è che l’emancipazione dell’uomo, la fine dei vincoli che gli sono stati imposti dalla natura.
Questa emancipazione passa anche attraverso la concezione che ora l’uomo ha della natura. La considera bella perché l’ha potenziata con tutta quella tecnologia e quei comfort di cui si può godere nei centri urbani (wi-fi, elettricità, acqua corrente, ecc.). Fino a pochi decenni fa la stragrande maggioranza della popolazione, che lavorava perlopiù nell’agricoltura, considerava la natura qualcosa da combattere perché la sua sopravvivenza era legata ad innumerevoli fattori variabili come l’imprevedibilità delle stagioni, le carestie, le epidemie.
L’uomo non può essere contro la natura perché è sottoposto a condizioni naturali basilari: mangiare, bere, morire. L’uomo è quindi esso stesso natura. L’uomo altro non è che una delle tante specie che vive sulla terra, ciò che lo differenzia dalle altre è la sua posizione di supremazia che però è parziale: è dotato di intelligenza ma, come tutte le altre, è soggetto agli stessi vincoli naturali.L’istinto di sopravvivenza è inscritto nel codice genetico dell’uomo e in questo non c’è nulla di innaturale.
Come non è innaturale battersi per superare i limiti posti dalla natura. Limiti che non sono assoluti ma provvisori perché l’evoluzione ci pone davanti sfide sempre più grandi che possono essere superate grazie all’innovazione tecnologica. Saranno sempre innumerevoli quindi le sfide che ci attendono, per questo: ” torniamo ad essere esploratori, anziché ometti spaventati. Teniamoci stretto l’unico pianeta che, almeno per il momento, abbiamo. Ma teniamoci cari anche gli uomini che lo popolano”.