sabato, 10 Giugno 2023

Buone notizie per i risparmiatori – investitori dalla Corte Suprema

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Diotima Pagano
Laureata in giurisprudenza. Fortemente convinta che il diritto sia (anche) fantasia, creatività, interpretazione e molto spesso filosofia. Amante della Vespe e della musica in vinile. Il suo motto è "...Things To Come..."

Commento a Corte di Cassazione Sezioni Unite Civili – sentenza del 27 aprile 2022 n. 13143

Le Sezioni Unite hanno affermato i seguenti principi:

Ai fini della responsabilità solidale di cui all’art. 2055, primo comma, cod. civ., che è norma sulla causalità materiale integrata nel senso dell’art. 41 cod. pen., è richiesto solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità (contrattuale ed extracontrattuale), in quanto la norma considera essenzialmente l’unicità del fatto dannoso, e tale unicità riferisce unicamente al danneggiato, senza intenderla come identità di norme giuridiche violate; la fattispecie di responsabilità implica che sia accertato il nesso di causalità tra le condotte caso per caso, per modo da potersi escludere se a uno degli antecedenti causali possa essere riconosciuta efficienza determinante e assorbente tale da escludere il nesso tra l’evento dannoso e gli altri fatti ridotti al semplice rango di occasioni.

In caso di capitali conferiti a società fiduciarie di cui alla I. n. 1966 del 1939, lo strumento giuridico utilizzato per l’adempimento è quello del mandato fiduciario senza rappresentanza finalizzato alla mera amministrazione dei capitali medesimi, salva rimanendo la proprietà effettiva di questi in capo ai mandanti; conseguentemente la società fiduciaria che abbia mal gestito il capitale conferito, e che non sia quindi in grado di riversarlo ai mandanti perché divenuta insolvente, risponde sempre ed essenzialmente del danno correlato all’inadempimento del mandato e alla violazione del patto fiduciario, e la relativa obbligazione, quand’anche azionata mediante l’insinuazione concorsuale, e quand’anche parametrata all’ammontare del capitale conferito e perduto, è sempre un’obbligazione rísarcitoria da inadempimento del mandato, la quale concorre, ai sensi dell’art. 2055 cod. civ., con quella eventuale dell’organo (il Ministero dello sviluppo economico – Mise) chiamato a esercitare l’attività di vigilanza.

La sentenza in commento contiene una preziosa e buona notizia, in termini di completezza di tutela per i risparmiatori.

Per orientarsi nell’impervio percorso è più utile partire dai fatti di causa.

Nella vicenda in esame, alcuni malcapitati risparmiatori avevano affidato (con un mandato fiduciario senza rappresentanza) delle somme di denaro, a scopo investimento, ad una società fiduciaria. Quest’ultima, in quanto mal gestita, era finita in liquidazione coatta amministrativa, procedura concorsuale, simile a quella fallimentare e, nell’ambito di quella, i danneggiati avevano presentato domanda di ammissione al passivo.

Gli stessi danneggiati avevano anche evocato in giudizio, al fine del risarcimento del danno, il Ministero dello sviluppo economico (MISE), contestandogli la mancata vigilanza sulla società fiduciaria, cui il Ministero è tenuto per legge.

Nasce qui la questione, sostenendosi, da parte della avvocatura erariale, che l’effetto interruttivo della prescrizione – effetto determinato dalla predetta presentazione della domanda di insinuazione al passivo – non si poteva ritenere esteso anche la MISE, atteso che a tutto concedere, il Ministero doveva ritenersi responsabile sulla base di un diverso tipo di rapporto, diverso dalla attività dannosa posta in essere dalla società fiduciaria.

Intuibile il divergente esito dell’indagine: se la differenza di titolo di responsabilità è rilevante, il MISE, nella fattispecie concreta, avrebbe potuto eccepire la avvenuta prescrizione, in quanto l’atto di insinuazione al passivo nella L.C.A., non era stato in grado di estendere i suoi effetti interruttivi a fronte di un soggetto “altro” (il Ministero), rispetto alla società fiduciaria.

La Cassazione, attraverso un complesso ragionamento, ha demolito la tesi ministeriale, rifiutando la possibilità per il MISE di eccepire la prescrizione.

Questi i punti nodali della sentenza.

Innanzitutto la Corte si è soffermata sulla ratio e portata dell’art. 2055 del Codice Civile, rilevante nel caso di specie, regolando la responsabilità “solidale” di più soggetti autori di un danno: è questo il caso al vaglio delle Sezioni Unite, atteso che il danno patrimoniale è stato causato dalla mala gestio della fiduciaria, ma altresì dal mancato controllo del Mise.

La Corte ha quindi osservato che mentre l’art. 2043 C.C. si riferisce all’azione del soggetto che cagiona l’evento (ponendo la regola generalissima del neminem laedere) l’art. 2055 C.C. “guarda” alla posizione di colui che subisce il danno, e in cui favore è stabilita la solidarietà: ne consegue che l’unicità del fatto dannoso, richiesta dall’art. 2055 C.C. per la legittima affermazione di una responsabilità solidale tra gli autori dell’illecito, deve essere intesa in senso non assoluto ma relativo al danneggiato. Ricorre, pertanto, tale forma di responsabilità pur se il fatto dannoso sia derivato da più azioni od omissioni, dolose o colpose, costituenti fatti illeciti distinti, e anche diversi, sempreché le singole azioni od omissioni abbiano concorso in maniera efficiente alla produzione del danno.

Ma come si fa a stabilire quando un fatto dannoso è causato da più soggetti di talché gli stessi sono solidarmente tenuto al risarcimento?

Perentoria la risposta delle Sezioni Unite: nella responsabilità civile, qualora l’evento dannoso si ricolleghi a più azioni od omissioni, il problema del concorso delle cause va risolto nell’alveo della teoria cd. di equivalenza; e quindi in base all’art. 41 cod. pen., secondo il criterio per il quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’omissione, non esclude il rapporto di causalità fra dette cause e l’evento, essendo quest’ultimo riconducibile a tutte: salvo che naturalmente sia stata accertata l’esclusiva efficienza causale di una di esse.

Se pur avvolta di difficoltà giuridica elevata, la risposta può semplificarsi in termini rapidi con il riscontro di una  chiara protezione estesa del risparmiatore.

Ciò che rileva, infatti, è ricercare se ogni singola condotta sia stata effettivamente concausa del danno; se si afferma tale con causalità, non rileva allora il differente modus operandi (contrattuale, extracontrattuale o di altra fonte) in cui i vari danneggianti sono intervenuti nella causazione del danno.

Ergo, se sono tutti solidalmente responsabili, l’atto interruttivo effettuato nei confronti di uno dei responsabili, varrà ad interrompere la prescrizione nei confronti degli altri danneggianti.

Una affermazione di tutela del risparmio (garantito in Costituzione) da lodare.

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