Due settimane di rilanci e miglioramenti competitivi, 171 tornate che hanno portato l’introito a superare del 164% il valore delle offerte iniziali e del 130,5% la base d’asta. Il day after la chiusura dell’asta per lo sviluppo delle frequenze 5G somiglia molto all’anno zero dello sviluppo tecnologico italiano, e si nasconde dietro reazioni pacate e sfumature tenui. Si è passati dalla soddisfazione per la fine di un’asta che si è rivelata estenuante per tutti, alla delicata presa di coscienza da parte delle telco di una spesa che, di fatto, è stata un record mondiale. I 6,55 miliardi di euro investiti hanno infatti frantumato la spesa massima precedente della Corea del Sud, dove Korea Telecom aveva speso 1,1 miliardi per le frequenze su 100MHz (banda su 3,5GHz). Chi è sembrato più contento per il risultato è stato, a buona ragione, il Ministro Luigi Di Maio. Qualche giorno prima la chiusura del bando, quando sembrava già evidente che l’asta avrebbe portato introiti molto elevati, il vicepremier aveva riservato parole dolci e di conforto alla filiera TLC: “Gli operatori che hanno investito miliardi in una gara così importante saranno ben ripagati. Vogliamo sviluppare questa tecnologia che nella nostra visione ha una centralità assoluta”. È bastata una dichiarazione così distesa a tranquillizzare i player delle telecomunicazioni? Pare di no, visto che la sola promessa di reinvestire il denaro in digitalizzazione e innovazione (di cui FOR ha parlato qui) non considera alcuni sider facts che vanno analizzati con attenzione: prima di tutto la sostenibilità delle aziende, con le risorse che saranno in grado di mettere in campo per lo sviluppo delle reti e l’eventuale impatto sull’employability; in secondo luogo, alcuni passaggi che le telco ritengono fondamentali, come l’aggiornamento del Piano banda ultralarga e le semplificazioni delle procedure autorizzative, che eviteranno lungaggini burocratiche nell’installazione delle nuove infrastrutture 5G.
RECAP: COME SONO STATE ASSEGNATE LE FREQUENZE
I blocchi messi all’asta dal MISE si suddividevano in base alle frequenze: 5 lotti per la banda 700 MHz FDD, 4 lotti per la banda 3.700 MHz e 5 lotti per la banda 26 GHz. A questi, si aggiungono 3 lotti per le frequenze 700 SDL (Supplemental Down Link) per cui nessun operatore ha presentato offerte. Hanno partecipato all’asta 7 società, ossia Vodafone, TIM, Iliad, Wind Tre, Fastweb, Open Fiber e Linkem, ma le ultime due non si sono aggiudicate alcun blocco. Le offerte per i blocchi da 700 MHz – la banda migliore che permetterà una diffusione più capillare della rete, ma che sarà disponibile solo dal 2022 quando liberatA dai broadcaster – si erano concluse già dal secondo giorno: i lotti per queste frequenze sono stati vinti da Vodafone, TIM e Iliad; quest’ultima, ha ottenuto il blocco da 10 MHz che le era stato riservato con la delibera 231/18/CONS di AGCOM, in quanto nuovo entrante nel mercato italiano. Nella fascia dei 3.700 MHz, Telecom e Vodafone si sono aggiudicate i due blocchi più importanti da 80 MHz, mentre Wind Tre e Iliad hanno vinto gli altri due blocchi da 20 MHz. Infine, nella banda da 26 GHz, tutte le cinque società che hanno presentato offerte (Telecom, Vodafone, Iliad, Wind Tre e Fastweb) si sono aggiudicate un blocco.
LE TELCO AVEVANO ALTRA SCELTA?
Ma quali sono stati i motivi che hanno portato l’asta a salire verso valori così alti? Probabilmente uno dei fattori è stato il modo in cui il nostro regolatore ha diviso lo spettro – due blocchi da 80 MHz e due blocchi da 20 MHz nella fascia 3.6 GHz/3.8 GHz – che ha scatenato una serie di rilanci aggressivi. Altri due punti “critici” sono stati la pressione dell’UE sull’ingresso nel mercato del quarto operatore Iliad, che ha dato un grande vantaggio competitivo all’azienda francese, e la fusione di Wind-Tre, che ha reso la competizione ancora più difficile e spietata. Il punto ora sarà capire se i numeri italiani resteranno un caso isolato o stabiliranno un trend in Europa. Non ci sono altri casi studio utilizzabili per fare previsioni di massima: l’importo raccolto supera i 3,9 miliardi di euro raccolti nell’asta multibanda 4G del 2011 e potrebbe essere paragonato alle aste 3G nei primi anni 2000, quando le offerte ammontarono a 12 miliardi di euro (26.750 miliardi di vecchie lire), così come osserva il sito specializzato Policy Tracker, che aggiunge anche che l’innalzamento dei prezzi dello spettro radio “dovrebbe costituire un avvertimento per i legislatori dell’Ue”. Prima del 2017, infatti, il prezzo medio dello spettro nei 3.7 GHz era di $ 0,015 / MHz / POP, ma secondo il database del sito, dal momento che l’Europa ha riconosciuto la banda 3,4-3,8 GHz come pioniera per il 5G, i prezzi sono aumentati di oltre dieci volte.
ENTRO FINE DELL’ANNO I PRIMI PAGAMENTI
Adesso, in ottica bilanci, la prima scadenza per le telco arriva a fine anno: così come riporta Wired, la legge finanziaria del 2017 stabilisce che lo Stato deve riscuotere entro il 31 dicembre 2018 1,25 miliardi di euro. Per i successivi tre anni si ragiona in milioni (50 nel 2019, 300 nel 2020, 150 nel 2021), per poi arrivare al 2022, quando anche le frequenze più ambite, quelle da 700 Mhz oggi occupate dalle televisioni, saranno liberate e sarà il momento di liquidare la maxi rata finale di 4,8 miliardi. Cifre che farebbero girare la testa a chiunque, anche a chi percepisce il settore delle telecomunicazioni come uno dei comparti più solidi e proficui dell’industria mondiale: una percezione che, guardando i valori degli investimenti e i bilanci, potrebbe rivelarsi tutt’altro che giusta. Il dato certo, però, è che le telco, con questo investimento, stanno provando concretamente a candidarsi come principali abilitatori dello sviluppo, dell’innovazione e della digital transformation in Italia. Grazie alle nuove infrastrutture 5G riusciremo non solo a scaricare un film in pochi secondi, ma anche a dare la spinta decisiva alla rivoluzione industriale 4.0 e a sviluppare tecnologie fondamentali per la qualità della vita dell’uomo, come IoT, Intelligenza Artificiale ed e-Health. La sfida è tutta qui: per i cittadini nel cogliere il valore aggiunto che il 5G porterà nelle loro vite, per il Governo nel mettere in condizione la filiera di poter giocare al meglio il proprio ruolo di spinta all’economia e alla digitalizzazione del Paese.