Quayside, un tratto di terreno di 4,8 ettari di terra alluvionale sul lungomare est di Toronto, ospita un vasto parcheggio pieno di buche, edifici bassi e enormi sili di soia: vestigia fatiscenti dei giorni passati del porto industriale un tempo attivo nella zona. Molti considerano l’area come un pugno nell’occhio, ma per Sidewalk Labs, una sussidiaria della compagnia madre di Google, Alphabet, è il luogo ideale per il “primo quartiere al mondo costruito a partire da Internet”.
Sidewalk Labs sta lavorando ad un progetto da 50 milioni di dollari per la riconversione di Quayside, in partnership con Waterfront Toronto, un’agenzia che rappresenta i governi federali, provinciali e municipali responsabili dello sviluppo dell’area.
Il progetto mira a trasformare la zona in una “piattaforma”, su cui testare gli effetti dell’utilizzo delle tecnologie emergenti su problemi urbani come l’inquinamento, il traffico e la mancanza di alloggi a prezzi accessibili. Se le cose andranno bene, le sue innovazioni potrebbero alla fine essere srotolati lungo la distesa di 800 acri del lungomare, un’area grande come Venezia.
Comunque, per prima cosa Sidewalk Labs preparerà progetti pilota da realizzare a Toronto, per testare alcune delle tecnologie che spera poi di impiegare a Quayside; questo anche per rassicurare i residenti. Se il piano verrà approvato (da Waterfront Toronto e anche da varie autorità cittadine), Sidewalk potrebbe iniziare a lavorare a Quayside già dal 2020.
La proposta contiene idee che vanno dall’ordinario al rivoluzionario. Ci saranno robot che consegnano pacchetti e trasportano rifiuti attraverso tunnel sotterranei; una rete di energia termica che non si basa sui combustibili fossili; edifici modulari che possono passare dall’uso residenziale a quello commerciale; semafori adattivi e marciapiedi che sciolgono la neve. Le auto private sono bandite; una flotta di navette a guida autonoma e di robotaxi girano liberamente. La sede canadese di Google si trasferirà lì.
La struttura alla base di Quayside sarebbe uno “strato digitale”, con sensori che tracciano, monitorano e catturano tutto, da come vengono usate le panchine dei parchi ai livelli di inquinamento acustico, fino ad arrivare alla quantità di acqua utilizzata nei bagni. Sidewalk Labs afferma che la raccolta, l’aggregazione e l’analisi di tali volumi di dati renderanno la zona efficiente, vivibile e sostenibile. I dati verrebbero anche fatti confluire in una piattaforma pubblica a disposizione dei cittadini, attraverso la quale i residenti potrebbero, ad esempio, consentire l’accesso alle loro abitazioni a personale di manutenzione, mentre sono al lavoro.
Progetti simili di “smart city”, come Masdar negli Emirati Arabi Uniti o Songdo della Corea del Sud, hanno generato moltissima attenzione, ma ad oggi non vengono considerati esempi di grande successo. Si sono infatti registrati molti ritardi, spesso dovuti al cambiamento negli orientamenti delle autorità politiche e finanziarie, o anche alla difficoltà riscontrate dai promotori dei progetti nel coinvolgere gli abitanti locali nella fase di progettazione delle comunità.
Dan Doctoroff, capo di Sidewalk Labs, che era vice di Michael Bloomberg quando quest’ultimo era sindaco di New York, dice che la maggior parte dei progetti falliscono perché non riescono ad attraversare quello che definisce “la spaccatura urbanista-tecnologo”.
Una divisione, tra tecnici e specialisti di pianificazione urbana, che dovrà essere superata, prima che Sidewalk Labs possa anche solo iniziare a scavare il terreno fradicio di Quayside. I critici del progetto temono che, nel tentativo di diventare un hub tecnologico globale, i politici di Toronto possano dare alla società di Google troppa libertà: la proposta di Sidewalk Labs sottolinea come il progetto richieda “sostanziali tolleranze rispetto alle leggi e ai regolamenti esistenti”.
Non è ancora noto quale modello di business Sidewalk Labs stia pianificando per Quayside. Rohit Aggarwala, responsabile dei sistemi urbani dell’azienda, ha dichiarato in un incontro pubblico a marzo che è “francamente un po’ oscuro”. Mr Doctoroff dice che l’azienda potrebbe fare soldi sviluppando i prodotti e i servizi a Toronto, per poi venderli ad altre città. Non è chiaro se i Torontoniani – che fornirebbero i dati necessari ad affinare questi servizi – parteciperebbero poi ai profitti.
È certo che molti dubbi verranno sollevati su quali dati i sensori di Quayside recupereranno, su chi li possiederà, su dove saranno raccolti, come verranno protetti e così via. Per ora, Sidewalk Labs ha dichiarato che non utilizzerà né venderà informazioni personali per scopi pubblicitari, e che sarà consentito l’uso dei dati ad altre società ed agenzie che vorranno farlo.
Tuttavia, per gli esperti in materia di privacy si tratta di rassicurazioni insufficienti, anche perché l’ordinamento giuridico canadese, in materia di privacy e sicurezza dei dati, è parecchio in ritardo rispetto alle ultime innovazioni introdotte dalle grandi aziende tecnologiche. “Puoi sempre scegliere se scaricare o meno un’app sul tuo telefono”, afferma Kelsey Finch del thin tank Future of Privacy Forum, “ma non puoi facilmente rinunciare alla comunità in cui vivi”.
Tratto da The Economist. Titolo originale: The world’s first neighbourhood built “from the internet up”. Traduzione di Alessandro Fiorenza.
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