Gli influencer fanno parte del discorso pubblico e sono un mercato. Inutile parlare dell’uno senza l’altro. Sono spesso imprenditori, capaci, neo-entertainer, veicoli pubblicitari. È una nuova professione, quella dei “Ferragnez”, un canale di creazione di valore con un successo misurabile. Parliamo di loro, dunque, senza ipocrisie e poi di politica.

Su Instagram Chiara Ferragni viaggia a 23,5 milioni di followers, 440.000 like di media, 1.700 commenti per ogni post, 1.800.000 visualizzazioni. Questa visibilità e questo engagement, faticosamente costruiti, valgono fino a 50mila euro per un post, il triplo del socio-marito Fedez.
Una piccola impresa (familiare) con un fatturato che si aggira sui 40 milioni e con meno di 250 dipendenti. Una bella realtà, incoraggiante, con un forte grado di apertura verso l’estero. Non so quanto valga l’insieme del “conglomerato familiare”, ma è certo che la vasta presenza di bambini, (come resistere agli “best of leo”) oltre al consorte, rappresentano un notevole valore aggiunto.
📈 Il business è in crescita: gli investimenti di brand illustri (Bulgari, Tods) sull’influencer marketing crescono nella seconda parte del 2020, e non solo in Italia. Ma chi sono e quanto crescono gli influencer? Il 62% degli influencer italiani sono under 30 (riporta ONIM). Uno stato nascente: il 48,3%, infatti, fa il creator da meno di un anno. Vengono pagati? 💶 Gli influencer che richiedono una retribuzione per la propria attività passano dal 16,5% del 2019 al 34,3% Il resto è promozione, “cambio merci”. Non fanno certo i numeri di Fedez e Ferragni, che sono su piazza da un po’, ma contano.
Gli influencer micro (<15k followers) e regular (15–50k) sono grossi competitor dei Mega Influencer. Tanto più che hanno retribuzioni raramente sopra i € 2.000.
Sono tanti ed occupano canali “nuovi”, come TikTok e Twitch, e di lì, a volte, dilagano. Come Khaby Lame, 21enne italiano di origini senegalesi, diventato il secondo più seguito al mondo su TikTok. Ottantatré milioni di follower, mentre Chiara ne ha 4,4, come Fedez. Adesso Khaby l’ha “superata in casa” con 24 mln di followers in terra di Instagram.

Negli USA, per arrivare ai soldi, conta l’engagement e le interazioni cioè i tassi di coinvolgimento. Per i micro-influencer sono migliori rispetto alle superstar dei social media. La crescente disponibilità ad investire per il 2021 già tiene conto di questo. perché l’engagement cambia assai a seconda delle piattaforme e del tipo di creator. Micro <15k e Regular 15–50k. fanno quasi sempre meglio dei Mega (>1mln). It’s the (digital) stupid economy.
Insomma, i Ferragnez: se la passano bene ma in prospettiva hanno “fame di notorietà”, pur essendo già molto noti. Anche per questo hanno migliorato la loro reputazione con l’impegno sociale (beneficenza, green, etc) dopo il periodo delle feste al supermarket. Un segno di crescita, come l’abbandono da parte di Fedez di testi omofobi e sessisti. Oggi sono “politically correct”. Non c’è motivo di dubitare del loro impegno come brand.
È evidente che però che strumentalizzazione aperta della politica fa parte del re-branding (dalla manifestazione del 1 Maggio alla polemica sul DDL Zan) con le intemerate neo populiste e le battutacce «raga ma chi lo ha concordato il Concordato?». Qui si piazza il post della signora Chiara Ferragni «i politici mi fanno schifo» con tanto di caricatura di Renzi, ripescata dall’arsenale del vaffa e dagli spartiti dell’inno dei 5 Stelle (Fedez). Alla reazione del senatore Renzi, il consorte prende la parola in nome della moglie, rivendicando «l’assurdità di un confronto tra cittadino/a comune e un politico» come Renzi, al quale “renzianamente” raccomanda di «star sereno», aggiungendo «quanto sei bravo a fare la pipì sulla testa degli italiani dicendogli che è pioggia 💖✨» e dialoga con Zan, Civati e Cappato.
È siparietto del “Gatto in Tangenziale”: quello del detenuto che dice al presunto politico «è tutto un magna magna». I big influencer, per affrontare i tempi nuovi, con la miriade di influencer che li accerchiano, da noi hanno bisogno del “magnamagnismo”, del triangolo: neo-populismo, media tradizionali e politica. Perché si inseguono tra loro, al peggio, e se qualcuno risponde, questi attori del mercato e del discorso pubblico alimentano insieme vittimismo e aggressività. Tra censura e vaffa, tra post e realtà. La politica fa bene a dire la sua, a proporre il confronto e a non farsi togliere la parola. Mai.
Articolo a cura di Massimo Micucci, Il Senso di Smilla per la Rete