La prima parte della conversazione con Paolo Moderato, Ordinario di Psicologia Generale presso l’Università IULM di Milano e presidente di IESCUM – Istituto Europeo per lo Studio del Comportamento Umano, puoi trovarla qui.
In Italia c’è interesse per un approccio evidence based alle politiche pubbliche? «Nel nostro paese – spiega Moderato – l’interesse verso queste scienze è alto, tanto che nel corso degli anni si sono susseguite micro-iniziative sui territori: basti pensare alla nascente Nudge Unit voluta da Nicola Zingaretti nel Lazio, o alla partecipazione del nostro think tank – che è membro, per l’Italia, del TEN, il network europeo dei Nudge Team – con una iniziativa improntata al nudging durante la Festa dell’Unità romana, o anche alla nomina, da parte del Governo Renzi, di un esperto sul tema, il professor Matteo Motterlini. Tuttavia ancora manca un piano generale, una visione ampia, che porti ad iniziative come quella voluta dall’amministrazione di Barack Obama: un decreto che ha orientato l’intera macchina federale alla behavioral economics».
Cosa potrebbe fare, in concreto, la behavioral economics in un momento come questo, di campagna elettorale? «Pensiamo, ad esempio, alla recente polemica relativa all’uso dei sacchetti biologici per la spesa, che ha messo in evidenza – ma non ce n’era bisogno – quanto necessario sarebbe un Nudge Team anche nel nostro paese. Al netto delle speculazioni politiche, miserevoli davvero, è mancato un piano organico di comunicazione che servisse da base preparatoria per l’attuazione di interventi specifici e mirati. La questione dei sacchetti poteva essere ben gestita con tecniche di architettura delle scelte e incentivi valoriali, come è successo in svariate città per la raccolta differenziata».
«Ricordiamoci sempre che l’Italia sconta un debito culturale che si trascina da più di un secolo. Alla fine dell’Ottocento la percentuale di analfabeti era più che doppia rispetto ai paesi europei confinanti. Oggi la percentuale di laureati è meno della metà della media europea, ma non è cambiato il delta (il gap). Inoltre, siamo in fondo alla classifica dei lettori di libri e giornali. Dati recenti, pubblicati dall’Osservatorio di Pavia, indicano che la fonte principale per la formazione delle opinioni sono ancora i telegiornali. Del resto, abbiamo visto che chi invece si forma le opinioni in campo scientifico utilizzando prevalentemente il web – e, in questo senso, l’esempio degli anti-vaccinisti è paradigmatico – è ancora più propenso al deragliamento cognitivo ed emotivo».
Sarebbe possibile utilizzare il nudging anche per provare a risolvere l’annoso problema dell’astensione, in vista di un appuntamento elettorale importante? «Certo, per l’Italia quello della rarefazione progressiva degli elettori che vanno a votare è un processo in atto da tempo, ed è un segnale del progressivo distacco del mondo politico dal paese reale».
«Alcune sere fa, ho visto “An Evening with”, l’intervista di David Letterman con il presidente Barack Obama. Molto bella e intensa, consiglio a tutti di vederla. Obama ricordava come la sua elezione sia stata il primo esempio di uso dei social per portare più elettori a votare, soprattutto i giovani. Ricordo bene quei mesi, l’entusiasmo dopo gli anni opachi dell’amministrazione Bush jr: tutta la nostra comunità scientifica sosteneva la candidatura Obama, ne conservo ancora il distintivo. Il problema da noi è un po’ diverso rispetto agli Stati Uniti: non abbiamo la registrazione, che fa da barriera al voto popolare, ma è anche una spinta gentile a recarsi a votare».
«Peraltro, dopo l’elezione di Donald Trump, abbiamo visto come il problema della partecipazione al voto si sia ulteriormente complicato per l’intervento di manipolazioni esterne, l’uso di fake news, campagne di haters e via dicendo. Di sicuro è centrale la questione di incentivare i giovani a una maggiore partecipazione al voto. Nel nostro paese, la nascita del M5S era sembrata dare nuove speranze proprio a questa fascia di cittadini, visto che il M5S raccoglie preferenze soprattutto nella fascia di età 18-35. D’altro lato, purtroppo, i dati che provengono da fonti internazionali sembrano indicare come proprio il M5S, assieme alla Lega, sia il partito più coinvolto nella disseminazione di fake news e nelle campagne di troll e haters, fattori che vanno a influenzare l’architettura delle scelte degli elettori e la loro partecipazione al dibattito ed al voto».
Date queste premesse, insomma, parrebbe proprio che la creazione di una Nudge Unit sarebbe auspicabile anche per il nostro paese: «È quel che ci auguriamo avvenga, speriamo che il prossimo governo raccolga questa nostra spinta gentile», conclude Moderato.
Dal generico interesse verso le scienze comportamentali, occorre ora passare ad un piano generale, e creare una Nudge Unit anche in Italia.