“Prendere delle iniziative in sede europea per rompere il meccanismo vizioso dell’attuale politica UE di decarbonizzazione, affiancando all‘Emission trading scheme la previsione di un’Imposta sulle Emissioni Aggiunte (ImEA), quale strumento per la perequazione internazionale dei costi energetici e ambientali sulla produzione dei beni, sulla base del carbonio emesso a prescindere dal luogo di fabbricazione”.
É l’impegno rivolto al Governo italiano presente nella risoluzione approvata dalle commissioni riunite Industria e Territorio del Senato dell’affare assegnato sulle asimmetrie competitive per l’industria europea derivanti dai bassi costi energetici e dai bassi standard ambientali in Paesi extra-UE.
Nell’atto i gruppi di lavoro hanno ricordato che alcune aree del mondo non competono sul mercato mondiale con regole uniformi a quelle europee e statunitensi. Un elemento asimmetrico ricordato nella risoluzione riguarda, per esempio, i diversi limiti alle emissioni e i diversi costi dei vettori energetici utilizzati nella produzione industriale.
Questa situazione fa sì che “le emissioni di anidride carbonica sono diventate uno dei parametri della competitività produttiva, perché se si usa energia altamente inquinante a costo relativamente basso (come il petrolio o il carbone), senza limiti derivanti da politiche ambientali, si ottiene un vantaggio competitivo rispetto a chi si approvvigiona con gas o con fonti rinnovabili”. In altri termini, bassi costi energetici si riverberano in costi di produzione più contenuti, maggiore competitività sul mercato e, di fatto, uno svantaggio per chi produce con un basso impatto di carbonio.
Tale circostanza ha portato a quello che uno studio recente di Nomisma Energia è stato definito “il paradosso ambientale europeo”: l’Europa ha investito moltissimo nello sviluppo della produzione da fonti rinnovabili, con un contributo alla riduzione delle emissioni di circa 70 milioni di tonnellate l’anno e tuttavia, a causa del bassissimo prezzo delle quote di emissione, la crescita delle rinnovabili in Europa è avvenuta soprattutto a discapito delle centrali a ciclo combinato a gas piuttosto che di quelle a carbone o a lignite (assai più inquinanti ma molto meno costosi), riducendo di oltre la metà i benefici che si sarebbero potuti ottenere. Secondo i senatori, se fosse rimasta stabile la quota di gas nel mix energetico (a discapito del carbone) le emissioni si sarebbero ridotte nella misura di 180 tonnellate annue, contro le 70, e non si sarebbe registrato l’aumento delle emissioni di altre sostanze inquinanti, quali polveri, ossidi di zolfo e di azoto.
Di fatto, le conseguenze delle scelte adottate hanno portato la produzione industriale europea ad essere gravemente penalizzata dal costo energetico e ambientale nei confronti dei competitori internazionali.
Alla luce di quanto ricordato nella risoluzione, i membri delle commissioni hanno impegnato l’esecutivo anche a prevedere delle misure direttamente applicabili a livello nazionale che agiscano come leva di fiscalità ambientale tramite la modulazione delle aliquote IVA, volta ad incentivare le produzioni più pulite.