Il segreto è muoversi. Uscire, correre, spostarsi, essere attivi. E non è soltanto il consiglio del dietologo rivolto a chi ha bisogno di rimettersi in forma. Ma è anche una legge dell’economia, che si traduce in modernizzare, investire in ricerca, espandersi. Regola aurea soprattutto se si tratta di capire come reagire alle crisi economiche e come provare a tirarsene fuori. Una regola che non è stata disattesa dal sistema delle imprese italiane, come emerge chiaramente da un’indagine del centro di ricerca MET, secondo la quale negli ultimi 6 anni, i più difficili in termini di contrazione del mercato interno, le aziende hanno saputo in larga parte reagire ai colpi della crisi, investendo in ricerca e sviluppo e programmando strategie volte a garantirsi una presenza sui mercati esteri, permettendo così al nostro tessuto produttivo di uscire dalla recessione più innovativo e competitivo.
Lo studio di ricerca mette in risalto la vitalità di una specifica categoria delle attività produttive italiane, le cosiddette imprese in movimento ed è stato presentato durante il convegno “I motori della competitività italiana: l’evoluzione del sistema e le politiche” organizzato a Roma lunedì 23 Ottobre. All’incontro hanno preso parte: Giorgio Alleva (Presidente dell’ISTAT), Domenico Arcuri (Amministratore Delegato di Invitalia SpA), Antonella Baldino (Chief Business Officer di Cassa Depositi e Prestiti SpA), Raffaele Brancati (Presidente MET), Antonia Carparelli (Rappresentanza in Italia, Commissione Europea), Erino Colombi (il Presidente di Forma Camera), Claudio De Vincenti (Ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno), Guido Fabiani (Assessore allo Sviluppo economico e alle Attività produttive della Regione Lazio e Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Ottimisti&Razionali), Lorenzo Tagliavanti (Presidente della Camera di Commercio di Roma) e Duilio Giammaria (autore e conduttore di “Petrolio”).
Aziende proattive, che investono, fanno programmazione, provano a realizzare percorsi di crescita e di modernizzazione anche in modo imparziale e incompleto, riuscendo talvolta a raggiungere adeguati standard di competitività, talvolta invece bloccandosi lungo il percorso. Sono imprese insieme dinamiche e fragili, di dimensioni medie (tra i 150 e i 250 dipendenti), ed in grado di rappresentare, sia in positivo che in negativo, le dinamiche generali del settore industriale italiano. Imprese sentinella: dall’osservazione del loro comportamento sui mercati è possibile comprendere le dinamiche dell’intero sistema industriale.
Nel rapporto intitolato “I motori della competitività italiana”, gli analisti del MET evidenziano come, rispetto al periodo pre-crisi, sia notevolmente aumentato il numero delle imprese che investono in ricerca e sviluppo, e che guardano ai mercati esteri per espandere le proprie attività. Un cambiamento così profondo che ha permesso all’Italia di raggiungere il secondo posto in Europa nel settore delle esportazioni, ad un passo dalle prestazioni della Germania e davanti a paesi come Francia, Gran Bretagna e Olanda. Insomma, come sottolinea anche il Ministro De Vincenti nel corso del suo intervento, numeri che testimoniano come la competitività del sistema industriale Italiano cresca meglio di quanto segnalato nel Global Competitiveness Report del World Economic Forum, secondo il quale invece il nostro paese è ancora lontano dai più avanzati sistemi economici occidentali.
L’industria italiana esce dal periodo più difficile della crisi economica con tutti i requisiti necessari a competere sui mercati internazionali. Ma per sostenere la dinamicità delle imprese è necessario creare una filiera tra capitale umano, ricerca ed innovazione: come dice infatti Guido Fabiani, sui territori ci sono aziende, centri di ricerca, capitale, attori del sistema economico che devono saper fare sistema insieme. Solo così la crescita potrà svilupparsi su basi solide.