Cosa succede quando uno dei tuoi compiti è insegnare ad un computer tutto quello che sai sul tuo lavoro e su quello di qualcun altro? Prima che diventino abbastanza intelligenti da prendere il posto degli esseri umani, le macchine hanno bisogno di insegnanti. Per questo alcune aziende hanno iniziato ad inserire macchine ad Intelligenza Artificiale (A.I.) sul posto di lavoro, chiedendo ai propri dipendenti di allenare l’A.I. ad essere più umana. Il New York Times ha intervistato cinque persone che hanno avuto questa straordinaria opportunità. Più di molti altri, possono comprendere i punti di forza (e le debolezze) dell’Intelligenza Artificiale e come la tecnologia sta cambiando la natura del lavoro. Ecco le loro storie, che riporteremo nei prossimi giorni.
“Un groviglio di legalese”
Dan Rubins, amministratore delegato
Il signor Rubins si lamenta molto degli avvocati. Racconta di un fatto avvenuto durante il suo vecchio incarico: sei avvocati aziendali, ognuno dei quali fatturava centinaia di dollari l’ora, stava esaminando un contratto in cerca di errori di battitura. È questo che l’ha spinto a creare Legal Robot, una start-up che utilizza l’intelligenza artificiale per tradurre il “legalese” in un inglese più semplice.
Dopo aver esaminato quasi un milione di documenti legali, l’A.I. di Legal Robot segnala anomalie, parole o clausole strane presenti nei contratti. “Gli avvocati hanno avuto 400 anni per innovare e cambiare la loro professione ma non lo hanno mai fatto. È venuto il momento di dare loro un aiuto dall’esterno” ha detto Rubins, che non è un avvocato.
Rubins spiega che i documenti giuridici sono perfetti per il machine learning perché sono molto strutturati e ripetitivi. L’A.I. di Legal Robot si è allenato sui numerosi contratti, preparati da avvocati umani, presenti nell’archivio della Securities and Exchange Commission e su alcuni vecchi documenti degli studi legali che si sono offerti per il training di Legal Robot. “Un groviglio di legalese”, secondo Rubins.
Dopo aver analizzato un ampio spettro di documenti, i sistemi di machine learning iniziano a riconoscere alcune parole, che spesso si accoppiano ad altre, e altre che invece non lo fanno. Tuttavia, il signor Rubins si preoccupa quando l’A.I. è troppo sicuro dei suoi risultati.
Per esempio, la Legal Robot ha addestrato il suo A.I. su migliaia di contratti di lavoro che contengono clausole di non competizione. Quando ha trovato clausole di non competizione non esecutive, ha continuato a dire che la clausola non esisteva. In altre parole, all’A.I. mancava una parte importante del contesto.
Rubins, 33 anni, ha detto che l’A.I. è un buon mezzo per identificare scelte di parole potenzialmente vaghe. Di recente ha analizzato un accordo di non divulgazione di due pagine, rivisto da avvocati umani di un’altra società, che conteneva la parola “deve” 30 volte. L’A.I. ha sottolineato che la parola “deve” può essere troppo vaga e ha consigliato di sostituirla con termini più chiari come “vuole” o “può”.
Rubins non pensa che l’intelligenza artificiale renderà obsoleti gli avvocati, ma di certo può cambiare il modo in cui lavorano e migliorare i loro guadagni. Sprecherebbero meno tempo nella revisione dei contratti, un tempo che potrebbero impiegare, ad esempio, facendo consulenze o lavorando sui contenziosi.
“Davvero non credo che dobbiamo sbarazzarci degli avvocati”, ha detto. “Purtroppo, abbiamo ancora bisogno di loro”.